Nonostante il nome possa far pensare ad un paesino ameno affacciato su un lago, Casteldilago è invece un piccolo borgo fortificato che conserva intatto ancora oggi il fascino di cittadina medievale.
Il suo nome trae origine dal lago su cui si specchiava in tempi remoti, ormai scomparso e ricordato soltanto dal toponimo e dagli attracchi delle barche poco sopra la strada che conduce al paese.
Oggi invece, situato sulla sommità di un piccolo colle a 326 metri sul livello del mare, si affaccia sul fiume Nera, il cui corso alimenta la vicina Cascata delle Marmore.
In passato Casteldilago svolgeva un importante ruolo strategico nella difesa dell’intera Valnerina. Dal borgo, infatti, era possibile controllare la via Salaria, la via Flaminia e la via Curia, che rappresentavano i principali snodi stradali di comunicazione tra Terni ed il resto della regione.
Le prima notizia scritta che si ha del castello risale al 1033, si legge nel registro dell’Abbazia di Farfa che un tal Berardo detto Moco donò al monastero alcuni beni tra cui Casteldilago, che tra il 760 e il 1291 ha fatto parte della diocesi di Narni, per poi essere trasferito in quella di Spoleto. In effetti già alla fine del sec. XII Spoleto vantava dei diritti sul castello e Gentile da Chiavano ne rinnovò la sottomissione alla città nel 1212.
Già comune autonomo, denominato Castel di Lago, fu accorpato nel 1875 dal comune di Arrone, di cui segue la storia, che all’epoca faceva parte della provincia di Perugia.
I vicoli stretti e tortuosi di Casteldilago sono il tratto caratteristico principale di questo ridente borgo fortificato. Questi si sono sviluppati intorno al castello duecentesco, circondato da un’imponente cinta muraria, di cui oggi non resta che qualche rovina.
Degna di nota è la Chiesa di San Valentino, che sorge addossata alla parete rocciosa su cui fu poggia il borgo e custodisce un celebre affresco del Cinquecento (la Madonna con Bambino).
Merita una citazione anche la chiesa di San Nicola, anch’essa con un portale del ‘500. Al suo interno sono presenti affreschi del ‘500 realizzata da un anonimo forse allievo dello Spagna.
Edificio di riferimento è anche il vecchio mulino del ‘500 o ‘600: sono visibili ancora i vecchi meccanismi di lavorazione ed il bacino di carico dei prodotti.
Su prenotazione è possibile visitare il Museo della Ceramica, nato in seguito al rinvenimento, all’interno di un’antica cisterna, di numerosi oggetti di uso comune: cocci in ceramica, ossi provenienti da resti alimentari, oggetti in metallo e pezzi di vetro.
Si tratta in particolare dei seguenti reperti: maioliche, di ottima qualità, decorate con stemmi di famiglie nobili (Orsini, Medici, Lauri, Clementini); ceramiche da cucina; frammenti di calici, di bottiglie e di bicchieri di vetro. Inoltre sono stati ritrovati degli oggetti curiosi, come ad esempio: giocattoli, fibbie e bottoni, due campanelli – uno di ceramica e uno in metallo per le mucche o i maiali -, un salvadanaio, qualche piccola moneta e due grandi vasi da notte del XVI secolo, uno dei quali quasi intatto. Le maioliche ritrovate sono accomunate da una singolare caratteristica, poiché provengono da tutte le fabbriche di ceramica dell’Italia centrale: Deruta, Gubbio, Spoleto, Todi, Acquapendente e Bagnoreggio. Inoltre sono presenti pezzi provenienti da due o tre fornaci locali non ancora identificate. Gli oggetti sono stati puliti, conservati e catalogati da Timothy Clifford, studioso inglese ed ex direttore della galleria nazionale di Scozia, lui stesso abitante di Casteldilago, e che, con grande perizia scientifica, ha contestualizzato i reperti nei rispettivi periodi storici.
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