Dopo una giornata passata all’insegna delle camminate, conviene sedersi a riposare se si cominciano a palesare segni di stanchezza. E dove se non a Manzano, capitale italiana incontrastata nella produzione di sedie? È il centro principale del cosiddetto “triangolo della Sedia”, un’area industriale nella quale viene prodotta la gran parte delle sedie italiane. In questo piccolo centro si concentra il 70% della produzione nazionale, ed oltre il 30% di quella mondiale.
Basta entrare in paese per accorgersene: nel centro cittadino è stata innalzata una sedia alta venti metri, performance dei maestri artigiani del settore, che è stata prontamente inserita nel Guinnes dei primati.
La storia di questo piccolo comune è molto antica, tanto che i documenti ufficiali ed i resti del castello dei conti di Manzano, che sovrastano una piccola collina a nord, lungo l’alveo del Natisone, la collocano almeno agli inizi dell’anno Mille, data confermata anche dalle origini del vicino monastero fortificato di Rosazzo. La fondazione del complesso risale al 1080, per restare attivo fino al 1751. Oggi, con i restauri del ‘500 e dell’800, l’originaria costruzione medievale è quasi scomparsa: rimangono le mura fortificate con la torre trecentesca e alcuni tratti della cinta muraria, all’interno della quale è da visitare la chiesa di San Pietro.
Una volta visitato il centro storico si può raggiungere la zona collinare di Rosazzo per proseguire fino alla frazione di Oleis e concludersi in località Case di Manzano. L’itinerario è ricco di luoghi di interesse storico-naturalistici.
Dal Municipio di Manzano, si percorre Via Natisone fino al ponte che attraversa l’omonimo fiume e continuando su Via Abbazia ed oltre si raggiungono le colline su cui sorge l’Abbazia di Rosazzo. Dopo un tratto pianeggiante, sale verso la zona collinare attraverso una strada asfaltata, adatta anche a percorsi ciclo-pedonali, per raggiungere una altitudine massima di 239 slm.
La vista che si gode dal belvedere dell’Abbazia sul paesaggio circostante è incomparabile. Nelle giornate terse lo sguardo spazia dalla Slovenia (ad est) con i monti che furono protagonisti della prima guerra mondiale fino al golfo di Trieste, e più lontano ancora fino al mare Adriatico. Le colline circostanti sono coltivate a vigneti ed uliveti, intercalati da boschi di castagni e querce. Antiche case padronali e innovative cantine vitivinicole convivono in armonia.
Le colline di Rosazzo, con le Alpi Giulie alle spalle, che riparano la vite dalle fredde correnti del nord e la pianura circostante che garantisce una benefica e costante ventilazione, costituiscono l’habitat ideale per la produzione di grandi vini. Assieme alla vite crescono e fruttificano gli ulivi, testimoni silenziosi di antichissime tradizioni contadine.
Principale attrazione di quest’area è l’abbazia di Rosazzo. Le origini dell’abbazia sono piuttosto controverse e non sempre convalidate da prove ma la tradizione vuole che, nell’anno Ottocento l’eremita Alemanno si insediasse in questi luoghi solitari per trovare la pace dell’anima e vi costruisse un modesto oratorio e una cella. Questa atmosfera di serena spiritualità attirò un numero sempre maggiore di fedeli, le celle si moltiplicarono, tanto che l’oratorio diventò un monastero alla cui guida vennero chiamati i canonici regolari di Sant’Agostino.
Lungo le mura perimetrali si può ammirare il “Roseto dell’Abbazia”. Composto prevalentemente da rose antiche, che qui trovano un habitat molto favorevole, il roseto comprende diversi tipi di “gallica”, “bourbon” “damascena”, rose botaniche e rampicanti. Una nota particolare merita l’autoctona “rosa di Rosazzo” perduta a causa della gelata del 1929 e recentemente ritrovata grazie ad emigranti della zona. Il Roseto è particolarmente suggestivo in occasione della manifestazione “Rosazzo da Rosa” che si tiene ogni anno nel mese di maggio.
Il monastero opera come centro di cultura, punto d’incontro umanistico e sociale, luogo in cui si organizzano convegni, seminari, mostre, dibattiti.
Proseguendo nel percorso in direzione di Monte Santa Caterina, è possibile trovare un’occasione di relax e ristoro presso Casale Michelloni, sede dell’agriturismo “Ronchi di Sant’Egidio”. Situato in un contesto ameno, ricco di vigneti e casolari sparsi, è costituito da un gruppo di edifici delimitanti una corte interna con attigua chiesa.
Il complesso cinquecentesco nel corso del Medioevo era adibito ad ospizio per i poveri e i lebbrosi. L’edificio principale, integro nella sua simmetria, si sviluppa con pianta rettangolare su tre piani. La facciata interna, con tre ordini di aperture simmetriche, è caratterizzata da un portico arcuato a doppia altezza con un pilastro centrale. Al piano terra lateralmente si notano i due portali ad arco ribassato delle cantine, sul fianco nord spiccano delle feritoie. Il lato nord della corte è occupato da una costruzione rustica, in origine destinata anche al ricovero degli animali, che si sviluppa lungo una pianta rettangolare con un muro a scarpa a ridosso della sottostante strada. La facciata interna, con muratura in pietra a vista, presenta un passaggio arcuato, mentre, di recente fattura, sono le rimanenti aperture riquadrate ed il ballatoio ligneo. Il lato ovest è costituito da una costruzione bassa e poco profonda, terminante con un edificio a forma di torre con scala esterna in pietra e fenditure disposte sull’asse centrale della facciata.
Fuori dal muro di cinta, annessa al complesso, si trova la chiesetta di Sant’Egidio. Secondo un’antica tradizione, solo popolare, questo è il nome della chiesetta fatta edificare dal canonico Micheloni nel 1740 con il titolo di Santa Croce. Il casale trae proprio il nome dalla famiglia Michelloni tuttora residente. Il complesso è stato ristrutturato dopo il terremoto del 1976 ed anche in anni recenti.
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