Assisi è stata indubbiamente la culla della predicazione francescana, in quanto teatro delle vicende principali della vita di S. Francesco, ma altri centri umbri possono vantare importanti testimonianze dell’opera del santo e dei confratelli.
L’ITINERARIO
FOLIGNO
Francesco d’Assisi compì a Foligno, nel 1205, il suo primo atto di povertà (e l’ultimo da mercante), vendendo nella Piazza della Repubblica le sue merci e il cavallo per ricavare i soldi necessari al restauro della chiesa di S. Damiano. L’episodio viene ricordato da una semplice lapide, posta sulla facciata del Palazzo delle Canoniche in occasione del settimo anniversario della sua morte. Proprio al ‘centro del mondo’ quindi, San Francesco iniziò il suo cammino di conversione.
E a Foligno dimorava nel 1224 insieme a frate Elica nella casa (avuta in dono da un suo miracolato) situata presso l’attuale convento francescano, quando a frate Elia apparve in sogno un sacerdote vestito di bianco che gli disse di avvertire il Santo (il quale aveva già ricevuto le stimmate) che di lì a due anni si sarebbe compiuta la sua esistenza terrena.
La chiesa e il convento dedicati a S. Francesco sorsero a Foligno nel sec. XIII. La chiesa conserva il corpo di Santa Angela da Foligno. La Santa (1248-1309), terziaria francescana, “magistra theologorum“, è stata definita da Pio XII “la più grande mistica francescana” ed è tra i più noti esponenti della letteratura mistica medievale.
Ai ricordi di S. Francesco a Foligno, si riferiscono in particolare le memorie del Beato Paoluccio Trinci e dei conventi da lui fondati. Paoluccio (1309-1391), della famiglia Trinci (signori di Foligno), fu “frate semplice, laico et sanza lictere“. Si era fatto frate minore nel locale Convento di S. Francesco. Egli fu l’iniziatore di quel movimento di ritorno alle origini della primitiva regola dei frati minori, come vissuta e scritta da S. Francesco d’Assisi. Il movimento, detto dell’Osservanza, si sviluppò nell’Eremo di Brogliano nei pressi di Colfiorito (25 km da Foligno), con uno stile di vita eremitico-penitenziale-contemplativa. L’affermarsi di questa esperienza fece di Foligno e dintorni la culla dell’Osservanza, che diventò il fenomeno più vistoso del Quattrocento in tutta Italia.
Il Convento di Brogliano era stato costruito forse verso il 1270, in onore di S. Bartolomeo (dal quale la chiesa aveva preso il nome).
Più vicino alla città, proprio in memoria del Beato Paoluccio, la famiglia Trinci volle costruire tra il 1408 e il 1415 un altro convento, pure intitolato a S. Bartolomeo: il S. Bartolomeo di Marano, che si erge su un colle.
Ma a Foligno non vanno dimenticati i conventi delle Clarisse, che vi erano giunte già nel 1216.
Nella prima metà del Duecento erano quattro i monasteri esistenti a Foligno e dintorni, tre dei quali fondati da S. Chiara: il primo il 27 agosto 1216 o 1217, un altro nel 1225 (insieme a S. Francesco) ed il terzo nel 1232. ll quarto, su istanza di Chiara, era stato eretto dal Vescovo di Foligno nel 1220.
Attualmente ne sono rimasti due. S. Caterina e S. Lucia. Il più famoso è quello di Santa Lucia, esistente dal 1327, diventato clariano nel 1424. Da qui le Clarisse, ritornate alla prima regola, ridestarono dovunque gli eroismi degli inizi dell’ordine.
In via dei Monastero, si trova il Monastero delle Terziarie Francescane di S. Anna, detto delle Contesse, perché eretto nel 1387 dalla Beata Angelina dei Conti di Marsciano e da alcune sue compagne.
BEVAGNA
A Bevagna Francesco si recò più volte e vi compì miracoli.
Nel punto più alto dell’abitato sorge la chiesa di S. Francesco, che risale al XIII sec. Nella Cappella del Sacramento, presso l’altare, incastrata nel muro e protetta da una griglia di ferro vi è una pietra sulla quale, secondo la tradizione, S. Francesco avrebbe posato i piedi quando predicò agli uccelli in località Piano d’Arca tra Bevagna e Cannara.
Il chiostro dell’annesso convento (oggi sede di una scuola elementare) fu dipinto nel 1655 con le “storie di S. Francesco” da Bernardino Gagliardi di Città di Castello.
Fuori città, in località Capro, su un’altura, è situato il Convento dll’Annunziata, che si chiamava un tempo S. Ansovino ed era stato fondato dai monaci dell’Abbazia di Sassovivo di Foligno. Prese l’attuale denominazione nel sec. XV, allorché i Benedettini di Sassovivo lo donarono ai Minori Osservanti. L’officiatura della chiesa è tuttora affidata ai Frati Minori.
A Pian d’Arca, una cappella tiene vivo il ricordo della predicazione di S. Francesco agli uccelli. Il Santo “vide raccolti insieme moltissimi uccelli d’ogni specie”, che si affollarono intorno a lui ed egli, dopo aver lasciato sulla strada i compagni, notando con grande stupore che essi non volevano volare via, li salutò come suo costume e li esortò a voler ascoltare la parola di Dio.
MONTEFALCO
Montefalco è la splendida “ringhiera dell’Umbria”. Secondo la tradizione, nel 1215 Francesco salì fin quassù per cercare un luogo per i suoi frati, nella zona legata alle prime glorie religiose di Montefalco o, come si chiama allora, Coccorone, presso la chiesina rurale di S. Maria della Selvetta (attuale S. Rocco), sul colle di Camiano.
Qui lasciò un segno tangibile della sua presenza facendo prodigiosamente sgorgare l’acqua fresca e salutare nel punto dove oggi esiste la fonte denominata “Fonte di S. Francesco di Vecciano“. Fonte che ha virtù curative e che si dice sgorgata miracolosamente all’ombra dell’elce prodigioso che vi avrebbe piantato S. Fortunato.
I Frati Minori vi stettero poco, fino al 1275, ma verso il 1295 vi giunsero i frati del Terz’Ordine Regolare della Penitenza, qui chiamati da S. Chiara da Montefalco, probabilmente anch’essa francescana prima di abbracciare la regola agostiniana.
Nel sacro edificio con annesso tempio dedicato a S. Rocco, si costituì il primo cenobio francescano in Montefalco.
I terziari ebbero l’approvazione di Papa Giovanni XXII una volta stabilitisi a Montefalco e, per questo, la Chiesetta di S. Rocco e di S. Maria della Selvetta fu da essi considerata come la “Porziuncola del Terz’Ordine regolare di S. Francesco”. I religiosi resteranno nel Convento di S. Rocco fino al 1526.
Al limite del confine territoriale di Castel Ritaldi, sorge la chiesina della Madonna della Selvetta, costruita ai primi del sec. XVI dai frati del Terz’Ordine regolare di S. Francesco, ivi trasferitisi nel 1526 dopo aver abbandonato il convento di S. Rocco.
Nel 1338 i seguaci del poverello di Assisi avevano avuto il permesso di edificare entro le mura cittadine la Chiesa di S. Francesco, ora Complesso Museale S. Francesco, ricca di preziosi affreschi; vi si può ammirare il ciclo di Benozzo Gozzoli, che narra i più significativi episodi della vita di S. Francesco.
Nel 1443 i Frati Minori dell’Osservanza, dopo aver ottenuto da Papa Eugenio IV il permesso di edificare un nuovo convento, si stanziarono accanto al più noto sanuario di S. Fortunato, ove era sorta la prima parrocchia di Coccorone ed erano venerate, nel bosco di faggi, le grotte di S. Fortunato, santuario primitivo del Cristianesimo. Dinanzi alla chiesa vi è un piccolo chiostro quadrangolare del XIV sec.
A sinistra del chiostro è la bella Cappella detta delle Rose, dedicata a S. Francesco, affrescata nel 1512 da Tiberio di Assisi. Nel 1492, nella contrada chiamata “Il colle del Paradiso”, sorse un nuovo cenobio, nell’edificio fino ad allora adibito ad ospedale, “l’hospitale di S. Leonardo“. Da allora si svolse qui la vita delle religiose sotto la rigida osservanza della regola di S. Chiara, discepola prediletta di S. Francesco.
NOCERA UMBRA
Nocera Umbra, città termale nota per le sue acque minerali, deve proprio a questa sua prerogativa una memoria del poverello di Assisi legata all’ultimo periodo della sua vita.
Per questo si ricorda, dietro la montagna di Assisi, la strada in cui passò il Santo che si collega a Nocera Umbra, dove egli fu condotto pare nel tentativo di curare con quelle famose acque il suo mal di stomaco.
La presenza di S. Francesco è testimoniata a Bagnara, sopra Nocera, nell’agosto-settembre del 1226. Ai primi di settembre, il podestà di Assisi, Berlingerio di Jacopo da Firenze, inviò a Nocera Umbra un’ambasceria di cavalieri a supplicare frate Francesco di far ritorno nella sua città. Non potendo, da solo, reggersi a cavallo, i soldati assisani lo sorreggevano, a turno, sui loro cavalli: una processione di riverenza e di fede, con un carico tanto prezioso per la città di Assisi.
Da Nocera Umbra arrivarono ad Assisi attraverso la montagna del Subasio, salendo al castello di Postignano, al colle della Gazzella, poi a Satriano. Giunsero qui sul mezzogiorno, ed i soldati ebbero fame. L’uomo che ospitò “con gioia e carità” il santo, non aveva cibo abbondante per tutti. I cavalieri si sfamarono andando per le case come suggerì loro S. Francesco a chieder l’elemosina. L’episodio viene rievocato annualmente, la prima domenica di settembre con la “Cavalcata di Satriano“, da Nocera Umbra ad Assisi, attraverso lo stesso itinerario percorso dal Santo.
Oltre alla chiesa di S. Chiara (sec. XIII, ampliata nel XVII sec.), si ammira la chiesa di S. Francesco (fine ‘300), adibita a Museo Civico.
SPELLO
Fu nel 1253 che i francescani ottenenro a Spello, dal vescovo di Spoleto, la chiesa e il convento di S. Andrea (sec. XIII). Ne fu primo guardiano il Beato Andrea Caccioli da Spello ivi sepolto nel 1264. Nell’atrio del convento, a destra della facciata, si conserva un ciclo di dipinti che raffigurano storie di santi francescani risalente al Seicento.
Ma la Monastero di Vallegloria e all’ex Convento di S. Girolamo si richiama in modo particolare l’esperienza francescana.
All’antico Monastero di Vallegloria, che s’incontra salendo da Spello verso Collepino e che conserva oggi poco del suo aspetto abbaziale, perché manomesso per usi colonici, sono legati importanti avvenimenti storico-religiosi. Qui vissero le monache benedettine fino al 1214, anno in cui l’abbadessa B. Balbina Offreducci persuase le consorelle ad abbracciare la regola delle Clarisse francescane. Nel 1219 vi si recarono S. Francesco e S. Chiara, per infervorare le monache nella nuova osservanza della regola francescana. Per questa visita il Monastero di Vallegloria viene considerato il secondo fondato da S. Chiara dopo quello di Assisi.
Nei pressi scorre l’acqua che la gente del posto ritiene abbia proprietà terapeutiche per il mal di fegato: la sorgente fu indicata da un angelo a Suor Pacifica di Guelfuccio, altra religiosa vissuta nel monastero, la quale si era raccolta in preghiera per invocare l’acqua per bere e per l’ampliamento del cenobio.
Le suore restarono in questo monastero fino al 1320 per trasferirsi quindi nel nuovo monastero di Piazza Vallegloria, a causa della guerra tra Spello, alleata di Perugia ed Assisi, essendo l’edificio indifeso e lontano dall’abitato. Nel nuovo monastero, sorto in contrada del Pianello tra le mura nuove e vecchie di Spello, dove Federico Barbarrossa aveva costruito la sua Rocca, si conserva l’anello d’oro donato alla Beata Balbina dal Signore, che le era apparso mentre era in preghiera dichiarandola sua sposa.
L’ex convento di S. Girolamo fu fondato in vocabolo Banche per i frati minori Osservanti nel 1474. Questo convento fu soppresso una sola volta nel periodo napoleonico e, dopo alterne vicende, passò al Comune di Spello che, nel 1965, lo affidò alla Comunità dei Piccoli Fratelli, ordine religioso fondato da P. Charles de Foucault giunto a Spello al seguito di Fratel Carlo Carretto.
In cima al colle di Spello, i cappuccini che vi si stabilirono nel 1622, custodiscono la chiesa convento di S. Severino.
TREVI E BOVARA
A Trevi i francescani giunsero, con S. Francesco, nel 1213. Fu una predica del Santo a destare l’attenzione e la simpatia degli abitanti. Poiché un “asino indomito” scorazzava per la piazza e disturbava la predica col suo ragliare, S. Francesco gli disse: “Fratello asino, sta quieto e lasciami predicare a questo popolo“. Al che l’asino “puse lo capo in terra et li ginocchi” e stette in silenzio fino q quando il Santo finì di predicare, con grande stupore dei presenti.
Come atto di venerazione, i trevani più tardi vollero erigere la bellissima chiesa di S. Francesco (sec. XIV): adornano il chiostro dell’ex convento affreschi di Bernardino Gagliardi rappresentanti le “Storie di S. Francesco” databili intorno alla prima metà del sec. XVII.
Nel 1479, l’abate benedettino di S. Pietro di Bovara donava ai francescani il terreno per costruire il bel convento di San Martino, in posizione panoramica, con la chiesa subito arricchita di pregevoli opere d’arte. Qui sorse, nel Cinquecento, uno studio francescano di filosofia e teologia.
Ma è proprio nella chiesa di S. Pietro di Bovara (sulla strada da Trevi alle Fonti del Clitunno) che si conserva una preziosa memoria francescana. In questa chiesa, un frate fu una mattina rapito in un’estasi, durante la quale ebbe in visione il Trono riservato in cielo a S. Francesco, che gli stava a fianco in preghiera. Il Santo la notte precedente aveva pregato nella chiesa e mentre riposava era stato molestato dal demonio. L’episodio è stato immortalato da Giotto tra gli affreschi della Basilica Superiore di Assisi e una lapide del 1739 lo ricorda anche nella Chiesa di Bovara.
Nella pianura, sui resti dell’antica Trebiae, presso la Chiesa di S. Maria di Pietrarossa, ricca di affreschi votivi del XIV e XV sec., era un lebbrosario, dove S. Francesco sostò più volte.