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Borghi

San Gimignano, la Manhattan del Medioevo

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alessia

Immersa in uno scenario bucolico, tra vigne e uliveti, San Gimignano è uno dei borghi più suggestivi (e visitati) della Toscana. Merito del suo fascino medievale, della Val d’Elsa che con la sua natura colora anche il più lontano scorcio, ma soprattutto del suo invidiabile patrimonio storico e artistico.

Da qualunque luogo si arrivi, San Gimignano svetta sulla collina, alta 334 metri, con le sue numerose torri. Ancor oggi se ne contano tredici. Si dice che nel Trecento ve ne fossero settantadue, almeno una per ogni famiglia benestante, che potevano così mostrare, attraverso la costruzione di una torre, il proprio potere economico (molte sono ancora visibili nel corpo dei palazzi benché “scamozzate”).

Dichiarato Patrimonio dell’ Umanità dall’UNESCO nel 1990, San Gimignano è una delle piccole perle della provincia senese ed offre anche ottimi prodotti locali come lo zafferano e il vino bianco chiamato Vernaccia di San Gimignano.

CENNI STORICI

Il primo insediamento sul colle dell’attuale città di San Gimignano fu quasi certamente etrusco. Numerosi reperti e persino delle tombe, sono stati recuperati, ma anche qualche parola del linguaggio indica ancora una derivazione etrusca, specie per quanto riguarda la toponomastica.

Con il tramonto della potenza etrusca, si insediò su queste colle un forte romano che sembra abbia poi preso il nome di Silvia, Castello della Selva. E la presenza di vaste foreste che abbondavano nella zona deve anche avere ispirato i molti nomi ad essa relatici.

Solo più tardi il Borgo prese il nome di Santo Gemignano, dal nome del Vescovo di Modena (morto nel 387) il quale, secondo la leggenda, avrebbe liberato i sangimignanesi dalle scorrerie dei barbari. Ed è certamente leggenda che nell’attuale palazzo Torre dei Pesciolini avrebbe posto dimora Desiderio, re dei Longobardi e che addirittura vi avesse sostato Carlo Magno.

D’altronde, i nomi di Cortenanno, Pancole, Caggio, via Bonda (limite, confine) indicano un retaggio longobardo, come alcuni nomi di derivazione longobarda nei contratti di matrimonio, nelle doti e nella stipula dei matrimoni stessi, rintracciati negli archivi cittadini.

Ma la prima vera citazione di San Gimignano appare in un atto dell’anno 929 in cui il Marchese Ugo dona delle terre ad Abelardo vescovo di Volterra sotto la cui diocesi San Gimignano rimase sino al 1782, anno in cui fu aggregata alla Diocesi di Colle di Val d’Elsa. Ed il vescovo volterrano ebbe anche a San Gimignano il suo Castello fortezza.

La prima cerchia di mura che ancora include, ad esempio, i cosiddetti Archi (le Porte cittadine) dei Becci e dei Cugnanesi della Cancelleria, risale al XII secolo e circondava la primitiva collina detta di Montestaffoli per una lunghezza di 1100 metri. Fu proprio all’interno di questa cerchia che vennero ad inurbarsi i signori del contado sentendosi così assai più sicuri dalle scorrerie che sempre hanno devastato la penisola.

La seconda cinta di mura, costruita intorno al XIV secolo, fu necessaria proprio per la crescita della popolazione e l’afflusso di questa anche dalle campagne. Ben presto il Comune si sovrappose all’autorità del Vescovo e San Gimignano diviene, specialmente fra Tre e Quattrocento, una fiorente cittadina ricca di ospedali, palazzi, torri, chiese e monasteri. La fazione predominante è Guelfa ed a questa si rivolge Dante Alighieri in una sua nota allocuzione nella maggior sala del Consiglio del Comune, l’8 maggio del 1300 in qualità di ambasciatore fiorentino.

La crescita ed il fiorente sviluppo di San Gimignano furono dati in particolar modo da una strada: per assicurarsi un sicuro collegamento fra i possedimenti settentrionali e quelli centrali, già i Longobardi avevano rafforzato una via detta poi Francigena o Via Romea che da oltr’Alpe portava i pellegrini a Roma, specialmente durante gli anni Santi, dopo quello famoso del 1300. La via attraversava San Gimignano ed ai suoi margini sorsero taverne, ricoveri, ospedaletti e le “Magioni” dei Cavalieri del Tempio di Gerusalemme (i Templari) e dei Cavalieri di Malta. Crebbe così il commercio, sorsero chiese e monasteri portando ricchezza e pace.

La decadenza ha specialmente inizio con l’occupazione del territorio e della stessa città di Siena (1555) da parte degli spagnoli di Carlo V e delle milizie medicee di Cosimo I il quale, Signore ormai della Toscana, proibì con un editto addirittura qualsiasi spesa sacra o profana, intenta ad accrescere la cittadina di San Gimignano (1563). Se ciò naturalmente fu fonte di miseria e di stenti, fu anche un mezzo per salvare dal piccone le antiche case, le torri, o trasformare nel gusto barocco le medievali chiese dell’antico borgo, quella stasi che oggi rende famoso nel mondo San Gimignano dalle belle torri.

COSA VEDERE

Il cuore della città è ancora la Piazza del Duomo ove si affacciano i tre più importanti edifici medievali: la Cattedrale Collegiata, il vecchio Palazzo del Podestà ed il Palazzo del Comune (o Palazzo nuovo del Podestà).

Il Palazzo del Podestà, che fronteggia la Cattedrale, ospitava il podestà con la sua famiglia e vi si teneva consiglio. E’ uno degli edifici più antichi della città, dominato dalla sua torre detta Torre Rognosa, alta 51 metri (sec. XIII). Gli Statuti del 1255 prescrivevano che nessun’altra torre potesse essere costruita più alta di questa: vi fu solo una deroga nell’innalzare la torre del Palazzo del Comune, detta Torre Grossa, che raggiunse l’altezza di oltre 53 metri.

A piano terra del vecchio Palazzo del Podestà si apre una specie di grande portico dalla robusta ed ampia volta a botte: è circondato da sedili di pietra, sul fondo si scorgono ancora laceri resti di un affresco eseguito dal Sodoma nel 1513 e raffigurante la Madonna col Bambino fra i Santi Nicola e Gimignano. L’interno del palazzo fu ristrutturato nel 1534 per costruirvi un teatro che fu poi del tutto rifatto dall’Ing. Francesco Marinelli nel 1794 ed oggi in completo abbandono. I merli con cui termina la facciata sono ugualmente un rifacimento moderno.

Soffermandoci ancora per poco sui gradini della Cattedrale ed avendo alle spalle tale sacro edificio, notiamo, sulla nostra sinistra, il Palazzo Paltoni-Salvucci con le torri gemelle. Appartenute alla più importante famiglia ghibellina della città, i Salvucci appunto, furono costruite dall’aspetto imponente, in maniera da simboleggiare la supremazia familiare sulla città. Oggi sono di altezza inferiore al passato perché all’epoca della loro costruzione esse superavano in altezza i 51 metri della torre Rognosa, nonostante un espresso divieto ad oltrepassare tale altezza del 1255.

Oltre la strada, sul fianco destro dell’antico Palazzo del Podestà, è l’elegante Palazzo Useppi-Chigi, con la sua torre della fine del Duecento.

Il Palazzo Comunale, detto anche palazzo del Popolo o palazzo nuovo del Podestà, ospita al suo interno la Sala di Dante decorata con importanti cicli di affreschi a tema cortese e cavalleresco, la Pinacoteca, con opere del periodo compreso tra il XIII e il XVII secolo.

Questo palazzo, uno dei più interessanti monumenti di San Gimignano, è stato edificato fra il 1289 e il 1298 sui resti di un edificio preesistente. I successivi ampliamenti del Trecento e del Quattrocento definirono progressivamente lo spazio del cortile interno, in seguito affrescato con stemmi dei personaggi che avevano ricoperto cariche pubbliche nel contesto del Comune. I due piani superiori del complesso costituiscono la sede “storica” dei Musei Civici di San Gimignano.

Uscendo dal Museo, il Cortile affrescato con gli stemmi dei podestà, riserva come ultima sorpresa un affresco del Sodoma (primi anni del ‘500) e l’antica campana del 1328 di recente restaurata.

Dal Palazzo Comunale è possibile accedere alla Torre Grossa, la più alta della città, per godere di un panorama mozzafiato. Nelle limpide giornate di tramontana è possibile scorgere ad occhio nudo le Alpi Apuane e pistoiesi, estremo limite nord della Toscana e, a sud, il monte Amiata che segna il confine con il Lazio.

La Cattedrale, intitolata all’Assunta, che domina Piazza del Duomo, fu edificata nel sec. XII e, secondo la tradizione, consacrata nel 1148 da Papa Eugenio III. Fu realizzata su una preesistente pieve protoromanica orientata in senso inverso all’attuale edificio.

Il Duomo di San Gimignano è senza dubbio fra i monumenti più significativi della città. Lo spazio interno della chiesa, a pianta basilicale, è ritmato da quattordici classiche colonne tuscaniche in pietra, di cui dieci di forma rotonda e quattro ottagonali. Le pareti della chiesa sono interamente coperte da affreschi che raccontano le Storie del Nuovo e del Vecchio Testamento dipinte da illustri pittori della scuola senese del XIV secolo. Sulla parete destra è possibile ammirare un ciclo di affreschi del Nuovo Testamento, capolavoro di Lippo e Federico Memmi. Si tratta di un ciclo pittorico di grande potenza evocativa e di splendore iconografico, chiaramente ispirato ai canoni di Simone Martini. Sulla parete di sinistra sono narrate le Storie del Vecchio Testamento, realizzate nel 1367 da Bartolo di Fredi. L’interno conserva inoltre le decorazioni policrome tipiche delle chiese medievali, come la magnifica volta a crociera dipinta di blu e gli intradossi delle arcate che separano le navate, decorate con un motivo a bande tipico del gusto toscano. Nel Duomo è inoltre possibile ammirare un gioiello del Rinascimento, la Cappella di Santa Fina ove hanno lavorato insieme tre artisti fiorentini di grande fama: un architetto, Giuliano da Maiano, uno scultore, Benedetto da Maiano e un pittore, Domenico Ghirlandaio. Tale capolavoro è dedicato alla santa più cara a San Gimignano la quale, colpita giovinetta da una grave malattia volle giacere per il resto dei suoi giorni su una tavola di legno che, al momento della sua morte, fiorì di viole gialle. Ogni anno, a marzo, le viole di santa Fina fioriscono rigogliose in mezzo alle dure pietre delle torri che costituiscono il celebre profilo della città medievale.

A sinistra del Duomo, tra il Duomo ed il Palazzo Comunale, troviamo la rampa d’accesso che ci porta a Piazza Pecori, nome che ci ricorda un celebre cittadino sangimignanese, Luigi Pecori, nato nel 1811 e morto nel 1864, che è stato Proposto e appassionato storico della città. Sul lato destro della piazza la loggia dell’Annunciazione, detta anche del Battistero per un fonte battesimale di forma esagonale eseguito da Giovanni di Cecco e fatto costruire nel 1472 dagli iscritti all’Arte della Lana, con formelle a bassorilievo delle quali la più importante raffigura proprio il Battesimo di Gesù. Nella parete di fondo del loggiato appare, bellissimo, l’affresco dell’Annunciazione, attribuito a Domenico Ghirlandaio.

Sul lato sinistro della piazza il Palazzo della Propositura, sorto su un terreno che, prima della permuta dei beni del 1288, apparteneva al Comune. La sua facciata risulta alleggerita, in alto, da belle bifore e davanti, decentrata rispetto alle altre costruzioni, c’è una piccola cisterna coperta da una tettoia in mattoni, edificata sicuramente dopo la metà del XVII secolo. Nella parte inferiore della piazza, dove oggi c’è il Museo d’arte sacra, c’era invece il dormitorio dei Cappellani e, fino al 1600, dobbiamo immaginarla come un grande chiostro annesso all’antica pieve.

Da Piazza Pecori si accede dunque al Museo di arte Sacra. Il Museo si dispone su due piani e conserva pregevoli dipinti su tavola e su tela, sculture, bassorilievi, codici miniati, tessuti e argenti che provengono dalle chiese e dai conventi del territorio e, in particolare, dalla Collegiata. Assai cara ai sangimignanesi è la mirabile tavola di Bartolo di Fredi raffigurante la Madonna della Rosa, una delle opere più raffinate del pittore senese, che proviene dalla pieve di San Biagio a Cusona.

Attigua alla piazza del Duomo c’è Piazza della Cisterna, antico centro commerciale della città. Al suo centro si innalza una grande cisterna ottagonale in travertino, costruita nel 1237 ma tutta rifatta nel 1346 sotto il Podestà Guccio Malavolti, il cui emblema (una scala) figura in due sezioni del puteale. Tutta la piazza, probabilmente la più caratteristica, è circondata da numerosi palazzi medievali ove la pietra bianco-grigia del travertino si unisce al rosso mattone.

Iniziando da sinistra, con ingresso da Piazza del Duomo: in angolo è il quattrocentesco Palazzo Cortesi-Lolli, oggi sede del Monte dei Paschi di Siena. Lo stretto Vicolo dell’Oro è cosiddetto per le botteghe di orafi e battiloro, artigiani assai famosi che tra l’altro producevano quelle sottilissime, impalpabili foglie d’oro zecchino usate per ricoprire i fondi dei fulgidi polittici che andavano poi ad ornare gli altari delle chiese. Vien subito dopo il Palazzo Lupi, sul quale si innalza la robusta Torre del Diavolo così detta dalla leggenda che narra come il suo proprietario, tornato da un lungo viaggio, trovasse la torre più alta di quando l’aveva lasciata, pensando così che fosse stato il diavolo a terminarla.

Sul lato opposto della piazza, corre tutta una serie di palazzi l’uno diverso dall’altro, ora in pietra, ora in mattoni, tuttavia il loro perfetto inserimento architettonico, unito alla bicromia del paramento, fonde gli uni e gli altri in una affascinante visione di forza e di leggiadra semplicità. Erano i palazzi delle antiche famiglie dei Cetti e dei Braccieri ed oggi adibiti a vari usi. Caratteristico, il Palazzetto Tortoli, con le snelle finestre a bifora di stile gotico e dove maggiormente insiste il gioco cromatico bianco rosso del paramento. Questo lato della piazza termina con il cosiddetto Arco dei Becci e Cugnanesi, oltre il quale, ha inizio la via San Giovanni. L’arco, infine, non è altro che un’antica porta a Sud della primitiva cerchia di mura. Sul lato contiguo, quello cioè che termina con la Loggia del Palazzo Comunale c’è un’altra sequenza di palazzetti medievali che, pur restaurati, bene si fondono con tutti gli altri edifici della piazza. Le due torri, poco prima della Loggia del Comune, appartennero agli Ardinghelli.

Da piazza della Cisterna si imbocca via del Castello, leggermente in discesa, che permette di raggiungere il Castello.

Già potente avamposto del Vescovo di Volterra che, fra il X e l’XI sec. tenne in potere il primitivo nucleo di San Gimignano, alla caduta del potere vescovile, il Castello divenne Rocca in difesa del giovane Comune dagli inizi del Duecento fino al 1353 anno in cui Firenze, dopo aver sottomesso la città, volle costruire una sconda Rocca, sul colle di Montestaffoli, poco più in alto del Duomo. Della Rocca restano solo i ruderi ma dal suo punto più alto si può osservare una fra le più belle visioni delle torri di San Gimignano. Il più antico Castello fu così abbandonato e venne poi in possesso dei dominicani che lo trasformarono in convento del quale resta ancora in buono stato la Cappella con un grandioso altare barocco in legno dorato. Sul finire del Settecento fu lasciato dai conventuali e, dopo alterne vicende, fu adibito a carcere maschile. Ad oggi questo antico complesso architettonico non è ancora stato recuperato.

Accanto al “castello”, sul finire della via, rimane, anche se alterata e restaurata, la Chiesa di San Lorenzo in Ponte, di stile romanico, costruita nel 1240. E’ ad una sola navata con presbiterio poco rialzato e a volta. Alle pareti resta ancora un ciclo di affreschi con Storie di San Benedetto, una grandiosa, purtroppo frammentaria scena di Dannati e, sul fondo absidale, un altrettanto grande affresco con la Gloria di Cristo e della Madonna e dodici apostoli. Tali pitture, assai goticheggianti, appartengono al fiorentino Cenni di Francesco di Ser Cenni, eseguite dall’artista intorno al 1413. Lo stesso Cenni intervenne anche in un attiguo loggiato, chiuso nel 1561 per esser adibito a oratorio: oltre ad una Crocifissione tutta di sua mano, e ad altre scene in gran parte rovinate, maestro Cenni restaurò, o meglio rifece, un grande e più antico affresco raffigurante la Madonna in gloria col Bambino e angeli. Forse l’immagine doveva essere in grande venerazione poiché Cenni non se la sentì di rifare il volto della madonna: un volto di primo Trecento prossimo allo stile di Simone Martini. Se fu questo grande artista senese a dipingere il primitivo affresco, avremmo la certezza di un suo soggiorno a San Gimignano insieme a Lippo, Federico Memmi e forse anche a suo fratello Donato Martini.

Prossime al Castello, ma fuori le mura, sono le antiche, bellissime, Fonti di San Gimignano. Possiamo raggiungerle in breve tempo prendendo l’omonima via delle Fonti dopo aver oltrepassato la nobilissima Porta alle Fonti, che ancora conserva tutto il suo primitivo fascino, sotto la quale passa ancora la stretta strada a sterro. Il complesso delle fonti è costituito da dieci arcate tutte in pietra: le quattro centrali sono le più antiche, ancora del XII sec., le due poco più grandi a destra, ancora di stile romanico, appartengono al sec. XIII, mentre le quattro rimanenti, con grandi archi a sesto acuto, sono già gotiche trecentesche.

Tornando verso la Piazza della Cisterna, per la stessa via del Castello già percorsa, potremmo visitare la Casa di Santa Fina, l’umile Vergine protettrice di San Gimignano, morta ancor fanciulla il 12 marzo del 1253. Si chiamava Dina dei Ciardi. Per visitare la sua piccola dimora occorre prendere lo stretto e suggestivo vicolo di Santa Fina, completamente chiuso e voltato, con robustissime strutture in pietra e mattoni, come un vero e proprio cunicolo. La casa della Santa è un umile edificio medievale seminterrato con due camerette ed una specie di grotta scavata nel tufo ove la tradizione vuole che Fina riposasse a terra sopra un tavolaccio. La giovanissima beata, dopo una lunga serie di sofferenze fisiche e morali accettate per amore di Cristo, assistita amorevolmente, dopo la morte della madre, dalla nutrice Beldie, passò molto tempo della sua breve vita immobilizzata su una tavola di legno nella cantina della sua povera casa; il luogo, ora trasformato i cappella, si può visitare ogni 12 marzo, festa della Santa. Si dice che, poco prima della morte, San Gregorio le fosse apparso per predirle che le sue sofferenze terrene stavano per finire e che, dopo la sua dipartita, le campane delle chiese del paese si fossero messe a suonare mosse dagli angeli; fiori particolari, che oggi si chiamano “viole di Santa Fina“, fiorirono sulle torri e sulle mura.

Da Piazza della Cisterna, attraverso l’Arco dei Becci e dei Cugnanesi (la porta sud della primitiva cerchia di mura), si prosegue verso la via S. Giovanni, una delle più importanti della città, e anche la più conosciuta poiché è la comune via che porta al centro. Ai suoi lati si innalzano ancora nobili edifici di grande interesse architettonico fra mezzo ai quali si possono intravedere resti di torri scamozzati. Segnaliamo al civico 14 il bel Palazzo Pratellesi, già Gamucci, del sec. XIV, nella sua zona centrale: la robusta facciata in pietra sul piano terra è alleggerita sul primo piano in cotto, da leggiadri finestroni a bifora spartiti da esili colonnine ad arcatelle trilobe e da rosoncini traforati al centro. Gli archi che chiudono i finestroni sono anche decorati da una fascia scolpita a bassorilievo con figure di animali. A questo piano nobile, il palazzo ospita la biblioteca civica e l’archivio storico.

A sinistra della via San Giovanni sono i resti di un convento francescano che occupò l’area della Magione dei Cavalieri di Malta e di cui rimane solo la deliziosa facciatina in bianco travertino della ex-chiesa, a cinque arcatelle spaziate da semicolonne, secondo lo stile pisano, del sec. XIII. Sulla lunetta del portale, sopra l’architrave, è lo stemma dei cavalieri maltesi.

Via San Giovanni termina all’omonima Porta che fu aperta sull’ultima e definitiva cinta di mura, e che sigilla da questo lato l’antico centro storico della città. La porta fu aperta nel 1262 e pochi anni dopo fu sormontata dalla cosiddetta “Castellaccia” ad uso di guardiola per le sentinelle notturne. Il campaniletto sulla sinistra appartiene alla chiesa seicentesca detta della Madonna dei Lumi, demolita nell’Ottocento.

Dopo l’ingresso da Porta San Giovanni, percorrendo l’omonima via, sulla destra, in uno slargo che ne sottolinea l’importanza, appare quello che resta dell’antica chiesa del convento di San Francesco. Chiusa tra due case in mattoni, la bella facciata in travertino bianco, solcata orizzontalmente da linee scure di serpentino che richiamano lo stile pisano, con la porta sormontata da un doppio arco che racchiude il simbolo dei Cavalieri Gerosolimitani, fa presagire quella che doveva essere la severa bellezza di una chiesa appartenente all’ordine francescano e che era stata precedentemente una Magione del ricco ordine di quei monaci-soldati che avevano il compito di difendere il Sacro Sepolcro.
Questa antica Magione doveva servire, prima di essere mutata in convento francescano, a dar ricovero proprio ai pellegrini e ai viandanti della Francigena.

Situato all’interno della piccola chiesa di San Francesco, il Museo Ornitologico accoglie la collezione della marchesa Marianna Panciatichi Ximenes d’Aragona Paolucci, grande appassionata di ornitologia. L’intera collezione, attualmente esposta in 371 esemplari, fu ceduta dalla marchesa al Comune di San Gimignano nel 1927 ed è stata collocata nella sede attuale nel 1990, con un allestimento curato dal Dipartimento di Biologia Ambientale dell’Università di Siena e dall’Istituto Nazionale di Biologia della Selvaggina.

La chiesa più importante però, dopo la Collegiata, è sicuramente quella di Sant’Agostino, così ricca di opere d’arte da essere considerata quasi un vero e proprio museo. Per giungervi dalla Piazza del Duomo, prenderemo la via S. Matteo che, insieme a via S. Giovanni, divide in due la città ed è la più nobile insieme a quest’ultima già indicata. All’inizio di via San Matteo si incontra subito il cosiddetto Arco della Cancelleria, che non è altro che la porta settentrionale della primitiva cerchia di mura, come l’Arco dei Becci era quella meridionale.

Poco dopo l’arco, sulla destra, c’è la Chiesa di San Bartolo, tutta in mattoni e spartita da due ordini di arcatelle – cinque per ogni piano secondo lo stile romanico duecentesco. Nell’architrave, in bassorilievo è la croce dei templari. L’interno, assai restaurato, presenta ancora l’architettura romanica ad una sola navata.

Quasi sovrasta la chiesa, la rossa mole del Palazzo torre che fu dei Nomi Brogi Pesciolini: caratteristica costruzione del sec. XIII a quattro ordini, con eleganti bifore, in parte chiuse posteriormente o restaurate. Ma tutta la via S. Matteo è un susseguirsi di robusti, talvolta bellissimi, edifici in gran parte risalenti, anche se assai restaurati, ai sec. XIII e XIV, taluni con eleganti cortili centrali e logge. Il Palazzo Boldrini (al civico 93) reca, in una sala a piano terra, modesti affreschi di fine Cinquecento con decorazioni a grottesche, ritratti di uomini della famiglia Pesciolini e vedute di paesaggio: son prossimi al gusto di un Lorenzo Ciardi, fratellastro del tanto più noto pittore Bernardo Poccetti. Via San Matteo è chiusa dall’omonima Porta, esattamente a posta di quella di San Giovanni. A destra della stessa, prima dell’uscita, la via Cellolese ci porterà in piazza Sant’Agostino, dominata dal Convento e dall’omonima chiesa.

La chiesa è un tipico edificio gotico monastico (1298) con paramento in cotto, diviso, sui lati, da alti e stretti finestroni archiacuti. L’interno è ad una sola navata molto ampia, con soffitto a capriate, mentre il coro e le cappelle laterali del transetto sono a volta. Racchiude prestigiose testimonianza dell’arte italiane, sia scultoree che pittoriche. Di notevole interesse è la cappella del beato Bartolo i cui resti mortali sono custoditi in un monumento marmoreo, scolpito nel 1495 da Benedetto da Maiano; gli affreschi della parete e della volta furono eseguiti nel 1500 da Sebastiano Mainardi; il pavimento in terracotta è opera di Andrea della Robbia. Sull’altare maggiore domina l’incoronazione della Vergine con Santi, dai lineamenti incisivi, tavola dipinta nel 1483 da Piero del Pollaiolo.
A Benozzo Gozzoli si deve il ciclo di affreschi, nella cappella maggiore, con episodi della vita di Sant’Agostino, eseguito negli anni 1464-1465 con l’aiuto degli allievi Pier Francesco Fiorentino e Giusto di Andrea, autori anche dell’affresco votivo di San Sebastiano. Pregevoli sono i frammenti di affreschi di Bartolo di Fredi ed una Madonna di Lippo Memmi (1317), nonché la tavola di Fra’ Bartolomeo con Madonna e Santi ( 1530) ed in Sacrestia un Crocifisso ligneo del secolo XV.

Sulla piazza di S. Agostino c’è anche la chiesa di San Pietro, in stile romanico, già ricordata in una bolla del 1220. Alla semplicità della muratura esterna, tutta in cotto, doveva far riscontro una ricca decorazione ad affresco sulle pareti interne. Vi sono stati infatti rintracciati bellissimi affreschi di scuola senese di primo Trecento, il più importante dei quali è quello raffigurante la Madonna che tiene per mano Gesù Bambino, fra i Santi Paolo e Giovanni Battista (Madonna del passeggio). Può essere attribuito ad un compagno di Simone Martini, prossimo a Lippo Memmi. Altri importanti affreschi: un piccolo ciclo con l’Annunciazione della Madonna; la Madonna in trono col Bambino; Epifania. Alla parete sinistra un bel Crocifisso policromo trecentesco di un maestro nordico ma con forti influenze oltremontane gotiche.

Per il visitatore che abbia ancora del tempo per una visita a San Gimignano consigliamo ancora i seguenti monumenti: la chiesa di S. Jacopo (prossima all’Ospedale di Santa Fina e alle Fonti), nobile edificio di stile romanico sui primi del Duecento che conserva pregevoli affreschi di primo Trecento attribuibili a Memmo di Filippuccio; la chiesa e convento di San Girolamo e l’Ospedale di Santa Fina, sorto nel 1253 per devozione popolare subito dopo la morte della Santa sangimignanese. Quest’ultimo è l’unico rimasto tra i tanti ospedaletti sorti in antico nella città e conserva alcune importati opere d’arte.

Per il grande interesse che riveste, dobbiamo in ultimo far cenno a quello che fu il corredo della cosiddetta Spezieria di Santa Fina, creata presso l’antico Ospedale dedicato alla Santa. La “Spezieria” ha inizio nel 1253 e si protrae per circa tre secoli e mezzo. Il materiale residuo fu acquistato dal Comune di San Gimignano ne 1906, accatastato in una stanza ed esposto al primo piano del polo museale del Conservatorio di Santa Chiara. La Spezieria di Santa Fina fu organizzata in due ambienti attigui che comprendevano una “bottega” e un “laboratorio” di produzione di medicinali a uso dello Spedale stesso. L’allestimento propone un attento recupero di suppellettili e arredi delle antiche istituzioni sanitarie della città: sono esposti diversi campioni di forme vitree databili tra la fine del Cinquecento e il Settecento e riferibili alla produzione locale, e soprattutto preziosi vasi da farmacia del XV-XVIII secolo che ancora conservano le sostanze medicinali che servivano per la preparazione dei farmaci, che ancora accompagnano i visitatori coi loro aromi benefici.

E, a proposito di musei particolari, vale la pena fare un salto anche al Museo della Tortura e di Criminologia Medievale, in prossimità di Porta San Giovanni. Ospitato nella torre del Diavolo il museo, di proprietà privata, ha circa un centinaio di strumenti di tortura (per lo più riproduzioni) usati soprattutto nel periodo dell’Inquisizione, dalla fine del Quattrocento al Seicento. Se infatti sono presenti soprattutto strumenti molto conosciuti quali la Vergine di Norimberga, la Ghigliottina, il Banco di Stiramento, la Sedia Inquisitoria e la Cintura di Castità, parte dell’ esposizione è riservata anche ad altri “procuratori di dolore” meno famosi ma incredibilmente sofisticati, dalla Forcella dell’Eretico al Piffero del Baccanaro, dalla Gatta da Scorticamento ai Ragni Spagnoli, in un tripudio della fantasia perversa dell’uomo.

Poco distante anche il Museo della Pena di Morte, cui si accede con un ticket unico.

NEI DINTORNI

Potendo contare su un itinerario di più giorni, San Gimignano è un ideale punto di partenza per visitare gli altri bellissimo borghi del senese. Tra questi, il pittoresco castello di Monteriggioni, che offre anche splendidi scorci sulla Val di Chiana e, poco distante quello di Abbadia Isola, raggiungibile percorrendo qualche km sulla Francigena. Vicinissimi anche Poggibonsi e Colle Val d’Elsa. Ci si può spostare poi nella Val d’Orcia, tra soffici e poetiche colline e favolosi panorami. Pienza gode di una posizione davvero strategica arroccata sulla cima ad un colle, che domina tutta la valle dell’Orcia con una vista mozzafiato. Qui potrete gustare il famoso pecorino di Pienza e perdervi tra i caratteristici vicoli del borgo, ricchi di colori e botteghe. A pochi km c’è invece uno dei borghi più belli della Toscana: Montepulciano, una cittadina medievale di rara bellezza che sicuramente merita di essere visitata! Un borgo unico con eleganti palazzi rinascimentali, antiche chiese, splendide piazze e piccoli angoli nascosti. Da Montepulciano, inoltre, si gode di un favoloso e sconfinato panorama sulla Val d’Orcia e la Val di Chiana.

EVENTI E MANIFESTAZIONI

Il 31 gennaio c’è la Fiera di San Gimignano, che si tiene in occasione della festa patronale che celebra il santo vescovo di Modena morto nel 387. Celebrazioni solenni nella Basilica di Santa Maria Assunta alle ore con la partecipazione dell’autorità comunale. Gli stand sono allestiti nelle piazze del Duomo e della Cisterna.

Un’altra solenne celebrazione, che si svolge il 12 marzo, è invece dedicata all’altra importante patrona del borgo: Santa Fina, morta il 12 marzo 1253.

Tra aprile e ottobre viene organizzato il “Degusta con noi“: visite guidate alle cantine con degustazione dei migliori vini locali.

E al vino simbolo di San Gimignano, la Vernaccia, è dedicata addirittura una gara ciclistica di gran fondo, il Gran Fondo Internazionale della Vernaccia, che si tiene nel mese di maggio.

Il terzo fine settimana di giugno San Gimignano è animata dalla Ferie delle Messi: manifestazione storica che si svolge nelle vie e piazze cittadine, con allestimento di bancarelle d’epoca e arti e mestieri attinenti il Medioevo. Spettacoli di cantastorie, musici, teatranti. Durante il pomeriggio della domenica sfilata dei cavalieri e figuranti a piedi in costume e torneo cavalleresco.

La bella stagione è caratterizzata dalla rassegna “San Gimignano Estate“: una serie di spettacoli e di manifestazioni che comprendono opere liriche, prosa, balletti, concerti di musica sinfonica e da camera, che si svolgono in Piazza Duomo. Ciclio di proiezioni cinematografiche al Parco della Rocca che si svolge nei mesi di Luglio e Agosto.

La prima domenica di agosto ha luogo la Festa di ringraziamento dei Sangimignanesi alla patrona della Città: Santa Fina, nata nel 1238 a San Gimignano nella casa ancora oggi visitabile nel vicolo che porta il nome della Santa. Celebrazione solenne nella Basilica di Santa Maria Assunta con la partecipazione dell’autorità comunale. Il primo lunedì di agosto c’è invece la Fiera di Santa Fina.

Durante la notte di S. Lorenzo, il 10 agosto, la manifestazione “Calici sotto le stelle” permette di degustare ottimi vini ammirando le stelle.

Sempre agli amanti dei sapori tipici, è dedicata la sagra “Sagra del buongustaio“, che si tiene tra fine agosto e i primi di settembre presso “Il Campino”.

Altri stand gastronomici si svolgono l’8 settembre durante la Festa della Madonna di Pancole: in Loc. Pancole a 6 Km da San Gimignano, presso il Santuario costruito nel 1670.

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