Faleria presenta la conformazione tipica di tanti altri borghi della Tuscia, ovvero su una rupe di tufo a cavallo di due profonde valli confluenti ad angolo, circondato da un lato dal massiccio del Soratte, mentre dal lato opposto incorniciano l’orizzonte i monti Cimini e i Sabatini. Si chiamava fino a qualche tempo fa Stabia, dal latino stabulum, che stava ad indicare la stazione con stalla per il cambio dei cavalli sulle strade romane.
Il nome ripreso recentemente non indica però il luogo dell’antica Faleria: questa sorgeva in realtà ad una quindicina di km di distanza, vicino a Civita Castellana, dove è possibile visitare le rovine della Falerii Novi e dell’abbazia medievale di Santa Maria di Faleri che ne riprese il nome.
Da qualche anno a questa parte sta riscuotendo un certo interesse turistico, soprattutto perché è inserito in una zona di grande interesse naturalistico (Valle del Treja) e storico (si trova a poca distanza dai borghi di Nepi, Calcata e Civita Castellana).
Nonostante ciò, l’atmosfera che si respira è quella di un viaggio a ritroso nel tempo: la modernità non è mai arrivata a Faleria, che si presenta come un borgo quasi del tutto abbandonato ed immerso in una quiete irreale.
La posizione etrusca che caratterizza anche questo centro ha consentito di difenderlo erigendo mura, con torri rotonde e rettangolari, soltanto all’estremità orientale. La cinta muraria presenta un’unica porta d’accesso giunta sino ai giorni nostri. L’antica porta d’accesso al nucleo fortificato originario fu trasformata in torre con stemma degli Anguillara e collegata al Palazzo come la contigua torre della saracinesca dell’antica cinta.
Contemporaneo è un notevole ampliamento dell’abitato con strade ortogonali che venne racchiuso in una cinta quadrilatera tuttora esistente sul versante orientale con torri e due porte interne.
Sulla piazza della Collegiata si affaccia il Castello degli Anguillara, di origine sicuramente medievale: lo troviamo citato in un documento del Trecento. Fu rifatto però nel Cinquecento, in età rinascimentale, ad eccezione delle torri (su quella rotonda è collocato con evidenza l’inconfondibile stemma degli Anguillara).
L’antica costruzione, purtroppo ridotta in condizioni precarie, è stata attentamente studiata dagli archeologici urbanisti del Rome Program del Pratt, nel corso di una campagna di rilevamenti condotta nel 1981. Il nucleo originario dell’edificio è stato individuato in una torre di avvistamento a pianta quadrangolare, costruita in pietrame irregolare e indipendente dalla restante muratura del castello, in pietra squadrata. Successiva è la realizzazione di un recinto merlato, al centro del quale fu collocato la torre principale, il maschio o mastio, mentre nel Quattrocento vennero realizzati ampliamenti ad est e ad ovest. Al Cinquecento risale il rifacimento attuale, con l’inglobamento del mastio, mentre nei secoli successivi furono realizzati solo interventi minori.
Non sono giunte fino a noi notizie di età medievale: solo agli inizi del Cinquecento possiamo collocare un dramma a fosche tinte, tramandatoci dal Burckhardt, grande studioso del Rinascimento. Girolama Farnese, sorella del futuro papa Paolo III e moglie del signore del castello, Giuliano dei conti di Anguillara, fu qui assassinata dal figliastro Giambattista con l’accusa di aver tentato di avvelenare, con la complicità del proprio amante, il suo stesso figlio ed alcuni componenti della corte.
Altro castello in cui si intrecciano storia e leggenda è Castel Paterno. Si raggiunge seguendo una strada campestre che si distacca dalla via che a Faleria conduce da Civita Castellana subito dopo il muro di cinta del Cimitero. E proprio seguendo questa strada troverete i resti di quello che un tempo fu il più importante Castello dell’Italia centrale, la cui storia risale all’XI secolo e nel quale finì la sua vita terrena Ottone III, sacro romano imperatore, nel 1002.
Il primo gennaio del 1002 Ottone si ritirò, ed il giorno 3 di quel mese moriva, forse di veleno propinatogli da una sua concubina Stefania, moglie di Crescenzio Patrizio Romano, fatto decapitare dall’Imperatore sugli spalti di Castel S. Angelo, perché ribelle alla sua priorità. Il Castello dopo essere stato di S.Silvestro, poi del monastero di S. Lorenzo al Verano nell’anno 1244 e poi nei secoli XVI e XV fu della famiglia Anguillara.
Il Castello era già abbandonato nel secolo XVI, tanto che tra i confini di Stabbia, tra la convenzione del 1549 tra Flaminio ed Everso Anguillara, è nominato un terreno Castri diruti Paterno.
Anche se questo magnifico Castello è destinato a scomparire esistono ancora imponenti avanzi della cinta muraria ed una larga porta di accesso ad arco, l’antica posterula dei Sassoni. Occupa l’estremità di un’altura delimitata da due profondi fossi, alla loro confluenza nel Treia. Ha una pianta irregolare: il lato orientale è quasi del tutto crollato; quello sud preceduto da un fossato, si conserva soltanto nel settore orientale.
Mistiche ed antiche leggende faleriane narrano del tesoro dell’Imperatore che comprendeva una chioccia con sette pulcini d’oro.
Come a Bracciano, dunque anche a Faleria le mura dei castelli ci raccontano storie fosche di passione e di morte, che aggiungono loro un elemento di fascino indubbio anche se ambiguo.
Sempre al di fuori del centro storico c’è Castel Fogliano. Immerso nella macchia di Fogliano di mezzo è situato sopra una stretta sella tufacea tra le forre del fosso della Mola e del fosso della Banditaccia, in un area molto interessante dal punto di vista paesaggistico e naturalistico, in prossimità dell’area protetta del Parco suburbano valle del Treia. Si tratta di un villaggio fortificato, abitato già in epoca preromana e rioccupato nel Medioevo durante le invasioni barbariche, abbandonato poi in epoca moderna perché lontano da importanti vie di comunicazione. Le sue rovine rappresentate dalla torre, dalla chiesa, dalle mura e abitazioni rupestri, emergono dalla vegetazione e dalle rupi di tufo in modo imponente conferendo a questo luogo un carattere misterioso. Il sito di questo villaggio rappresenta uno dei modelli più tipici della cosiddetta “posizione etrusca” inaccessibile sui due lati più lunghi e facilmente rinserrabile entro brevi mura sul lato più corto, dove è localizzata la porta di accesso principale, che attraverso una stradina tortuosa scavata nel tufo conduce nel fondovalle . I resti del villaggio sembrano delle ulteriori precisazioni delle forme naturali delle rocce tufacee ed è situato in modo da sottolineare i lineamenti strutturali del paesaggio come il promontorio stretto e allungato sul quale è situato.
Da vedere anche la chiesa di S. Giuliano. Del primitivo edificio, costruito nell’VIII – IX rimangono i massicci muri perimetrali e una piccola parte della facciata in posizione arretrata rispetto all’attuale. Quello che oggi vediamo è la facciata rifatta nel IV secolo, mentre il campanile risale al secolo dopo. Del bel pavimento cosmatesco (marmo intarsiato a disegni geometrici) del XIII secolo, rimane un rosone. Il campanile romanico fu costruito probabilmente nel 1504 e presenta bifore chiuse in basso e bifore con colonnina quelle sopra: la campana più grande risale al 1343 e la più piccola al 1504.
Di fronte alla chiesa dedicata a S. Giuliano, sul lato est del castello degli Anguillara sorge la chiesa di S. Agostino, costruita nel XIV secolo. L’interno, a navata unica, aveva un unico altare centrale sormontato da una tela raffigurante S. Agostino e S. Monica, ora dispersa. Dietro l’altare vi era la cripta della famiglia Anguillara. La chiesa, infatti, aveva funzione di cappella palatina e al castello era collegata con un ponte sospeso.
Una volta l’anno, in luglio, Faleria organizza una sontuosa “Cena Romana“, che si svolge in una delle più belle piazze del Borgo, Piazza della Collegiata, tra Palazzo Anguillara e la Chiesa di S. Giuliano, capace di far fare ai commensali un salto nel passato, gustando la cucina tipica della tradizione laziale e soprattutto, facendo conoscenza con la tradizionale “Botte da Passeggio”.
Ma la maggiore e più vistosa tradizione di Faleria è la Festa del Santo Patrono San Giuliano, che si svolge il fine settimana intorno al 9 Gennaio, e si ripete, per il terzo week-end di Maggio. La festa si divide in diversi passaggi tra processioni, messe, fuochi d’artificio e lo scambio del Santo tra le famiglie che lo ospitano.
La sera tra il 5 ed il 6 Gennaio per tradizione si canta “la Pastorella” accompagnata dalla tradizionale fisarmonica che ultimamente è oggetto di un concorso. Vedi pagina dedicata alla Pastorella.
A Faleria vengono allestite anche manifestazioni che propongono mostre fotografiche o artistiche o religiose come il Presepio vivente fra il 25 dicembre e 6 gennaio.
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