Nota soprattutto per la presenza del maestoso Castello Savelli, Palombara Sabina può vantare, sul suo territorio, la presenza di un altro castello che però, a differenza dell’altro, ha risentito maggiormente dello scorrere dei secoli.
A solo 1500 m a nord-est dall’abitato, prendendo la prima strada campestre a destra sulla via Palombarese dopo il bivio per Stazzano, troviamo i resti di uno dei castelli abbandonati meglio conservati del Lazio, quello di Castiglione. Una duplice cinta muraria ancora efficiente circonda il borgo ed il castello vero e proprio, con chiesa, case, una cisterna romana, il tutto ancora in buona parte interrato.
Nulla si sa della sua scomparsa e ben poco della sua storia: è certo che qui era localizzato un insediamento romano, come ci testimonia la cisterna. Appare d’altra parte plausibile l’ipotesi che questo castello fosse stato fondato contemporaneamente a quello di Palombara; di qui il superamento della tradizionale denominazione di “Palombara vecchia”, che non trova riscontro nelle testimonianze archeologiche.
I resti architettonici racchiusi all’interno delle mura, tuttora interrati, potrebbero fornirci dati di estremo interesse se vi venisse svolta un’adeguata campagna di scavi.
Castiglione è comunque un monumenti di grande rilevanza: l’abbandono avvenuto nei primi decenni del Quattrocento, forse in seguito ad un terremoto, ha lasciato il borgo nel suo originario assetto medievale. Il sito colpisce per la sua formidabile posizione, caratterizzata dall’enorme campo visivo, che ne faceva una vedetta unica in questa parte del Lazio. Vi era inoltre un’antica tradizione agricola, testimoniata dalla serie di terrazzamenti tuttora chiaramente individuabili lungo le pendici del monte.
L’abbandono dovette aver luogo fra la visita pastorale del 1343, nella cui relazione il castello è descritto ancora in perfetta efficienza, ed il 1427, anno in cui è ormai definito come “diruto”. Un analogo destino toccò a molti altri centri medievali del Lucretili, dove il fenomeno dell’abbandono toccò 14 borghi su 25, percentuale assai superiore a quella di altre zone del Lazio.
Le cause vanno ricercate nell’insieme delle circostanze che misero in grave crisi la vita e l’economia del Lazio nella seconda metà del Trecento. Innanzitutto influì il perdurare delle epidemie e la crisi demografica seguita alla tremenda peste nera del 1348, che molti ricordano come “cornice” del Decameron di Boccaccio. Ci furono poi le lotte senza quartiere alle quali abbiamo già accennato, che svuotarono il Lazio di ogni residua energia. Saranno tuttavia necessarie ulteriori ricerche, sul campo e d’archivio, per tentare di dar conto in modo sufficientemente valido di questo singolare fenomeno, verificatosi in un lasso di tempo relativamente ridotto.
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