Il massiccio del Gran Sasso, col suo profilo che ricorda le forme di una “bella addormentata”, costituisce sicuramente la maggiore attrattiva paesaggistica di questa zona.
Montorio al Vomano e Isola del Gran Sasso sono i migliori punti di osservazione del versante settentrionale del massiccio ai cui piedi si aprono la Val Vomano, ora stretta tra late rocce, ora distesa in ariose pianure verdeggianti, e la Valle del Mavone, detta anche Valle Siciliana perché percorsa dalla Via Ceclia in età romana.
Al paesaggio montano segue quello più ameno e dolce dei colli litoranei che guardano ad est il mar Adriatico, dove sfocia il fiume Vomano dopo aver ricevuto, a metà del suo percorso, le acque del Mavone.
Sia da Castelli, località conosciuta nel mondo per le sue ceramiche artistiche, che da Isola del Gran Sasso, è possibile compiere escursioni o semplici passeggiate sui monti della catena del Gran Sasso dove, seguendo i sentieri tracciati è possibile addentrarsi in fittissimi boschi solcati da torrenti e intervallati da ampi prati montani.
Pizzo Intermesoli, Prato Rotondo, Rigopiano, sono solamente alcuni di questi luoghi dove la natura spesso assume più caratteristiche più alpine che appenniniche: abeti e scoiattoli testimoniano la presenza di una flora e di una fauna incontaminata e selvatica.
La bella chiesa romanica di S. Maria di Ronzano risale al XII sec. La facciata, che guarda il Gran Sasso, è a timpano ed ha gli spioventi delle ali laterali più bassi; il corpo centrale, leggermente avanzato, ha un portale rettangolare al di sopra del quale si vedono tre archi di un nartece mai costruito, segue in alto un grande oculo. Sulle due ali laterali si aprono altri due portali rettangolari e due strette monofore murate. Dietro l’ala destra spunta il campanile a vela. Sul retro ci sono arcate cieche ed una bella monofora con transenna a traforo di gusto pugliese. L’interno a tre navate mostra ancora i segni dell’incendio del 1183.Da notare le due are pagane che fungono da altari e gli affreschi del transetto e di due absidi (XII e XIII sec.) miracolosamente scampati all’incendio, notevoli esempi di pittura queste che, abbandonate le suggestioni bizantine, recuperano la tradizione paleocristiana.
La facciata della Chiesa di S. Antonio Abate, piccolo gioiello del paese, è introdotta da una breve gradinata ed ha un ricco portale, opera di Andre Lombardo, datato 1471, e nella lunetta la statua di S. Antonio. Da notare gli stipiti e le colonne con capitelli con teste scolpite con tale incisività espressiva da risultare veri e propri ritratti: si veda la testina sbeffeggiante che mostra la lingua o quella, invece, di una perfetta grazia femminile. Nell’interno, ad un’unica aula, è un pregevole Crocifisso ligneo dipinto nel Quattrocento.
E’ facile nel piccolo centro storico di Tossiccia imbattersi in esempi di edilizia civile medievale e rinascimentale: nella stessa piazzetta della chiesa di S. Antonio si trova una casa con loggia del XV secolo; poco distante, in piazzale S. Emidio, vi è una casa rinascimentale e, non lontana dalla chiesa di S. Sinforosa, una casa quattrocentesca con portale ogivale, stemma, monofora e bifora opera, forse, di Andrea Lombardo, autore del portale di S. Antonio.
Tra le chiese va ricordata anche S. Siforosa (o S. Maria Assunta), con un portale romanico ed uno gotico “alla veneta” e un interno barocco con interessanti opere ed arredi: ed infine, appena fuori le mure, la rinascimentale Cappella di S. Maria della Neve.
Costruita tra il XII e il XIII sec., la chiesa romanica di S. Giovanni ad Insulam ha una facciata a coronamento orizzontale sulla quale si apre un portale rettangolare sovrastato da un arco a tutto sesto incorniciato da un timpano a mo’ di protiro, ai lati due strette bifore e nella parte alta un oculo. Sulla sinistra vi è il campanile a vela, più tardo.
Lungo i fianchi, sopra finestre feritoie, una serie di monofore nella sopraelevazione in pietra e mattoni alternati. L’interno a tre navate ha colonne con capitelli di diversa forma. L’abside ospita un affresco quattrocentesco. La cripta è divisa in tre navatelle ed ha una piccola abside.
Il centro storico di questo paese è caratterizzato da casette antiche con finestre sulle quali sono incise massime e sentenze latine.
Tra le chiese più significative: la Parrocchiale di S. Massimo che conserva il bell’ostensorio del ‘400 forse di artista straniero, e la quattrocentesca Cappelletta di S. Sebastiano, appena fuori dall’abitato, che conserva affreschi del De Litio.
Non lontano, il Santuario di S. Gabriele, fondato da S. Francesco d’Assisi ma completamente ricostruito recentemente, è il santuario a cui sono più devotamente legati i fedeli abruzzesi.
Castelli deve la sua fama alla prestigiosa arte della ceramica che risale al XIII sec. e si tramanda ancora oggi nelle tante botteghe e nell’istituto d’Arte Statale, intitolato a Francesco Antonio Grue, esponente di un’illustre famiglia di “maiolicari” che, a cavallo tra Sei e Settecento, diede nuovo brio e carattere a questa ceramica tutta giocata, in passato, sui colori giallo, verde e azzurro. Esistono varie raccolte private e pubbliche di ceramiche di Castelli in Abruzzo, una delle più importanti è quella “Acerbo” a Loreto Aprutino.
La parrocchiale di S. Giovanni Battista, eretta in forme rinascimentali nel 1601, ha murati in facciata i resti di un pulpito del XII sec., proveniente dalla ormai rovinata Abbazia di S. Salvatore. L’interno conserva, tra le altre opere, una bella S. Anna con Maria Bambina scultura lignea dipinta del ‘200 e una pala d’altare maiolicata, opera del 1647 di Francesco Grue.
Altre opere in ceramica si conservano nell’antico Chiostro dell’ex convento dei Francescani (XVII sec.) il cui loggiato ha pilastri maiolicati; oggi il convento ospita un’interessante raccolta di ceramiche locali; ed infine, nella Chiesetta di S. Donato parte del soffitto e della pavimentazione sono in mattonelle maiolicate del ‘400 purtroppo alquanto guaste.
Il complesso conventuale di S .Maria di Propezzano (XIII / XIV sec.) sorge nel luogo dove la leggenda narra che sia apparsa la Madonna il 10 maggio del 715. Un’enigma avvolge la costruzione della chiesa che, contrariamente alla successione temporale degli stili, inspiegabilmente è stata iniziata in forme gotiche ed ultimata in forme romaniche.
La facciata consta di tre parti di diversa altezza: le prime due concluse dal coronamento orizzontale, mentre la parte di destra è accorpata nel convento. Il corpo centrale ha un modesto portico a tre archi ogivali appena accennati sotto il quale si apre il portale con gli antichi battenti e, più in alto, un sobrio rosone. Il corpo di sinistra, d’altezza inferiore, ha un decorato portale detto “Porta Santa” che si apre solo il 10 maggio e il giorno dell’Ascensione. Appena arretrata rispetto alla facciata è la scarna torre campanaria quadrangolare.
L’interno della chiesa è a tre ampie navate divise da archi a tutto sesto e conserva resti di affreschi quattrocenteschi. Notevole è nell’attiguo convento il rustico chiostro a pianta quadrata con doppio ordine di arcate a tutto sesto e pozzo nel mezzo: nelle lunette del chiostro affreschi seicenteschi del pittore polacco Sebastiano Majescki. Nel refettorio affreschi cinquecenteschi di un ingenuo gusto popolaresco.
Non lontana da S. Maria di Propezzano si trova la chiesa di S. Clemente al Vomano, fondata nell’IX sec. e ricostruita nel XII.
La facciata, che è introdotta da una breve cordonata (realizzata dopo un recente restauro) affiancato da cipressi, ha un portale datato 1108 dalla sobria decorazione di gusto classico. Delle tre absidi una rimane coperta dall’ingombro del campanile a vela. All’interno, che è a tre navate absidate divise da colonne con capitelli di diversa foggia, sono ancora visibili materiali di età romana riutilizzati nella costruzione.
Dopo il recente restauro, parte del piano pavimentale è a vetri per permettere la vista dei reperti archeologici sottostanti, ancora oggi oggetto di studio. Ma sopra ogni altra cosa spicca il bellissimo ciborio della metà del XII sec., forse il più antico dell’Abruzzo, opera di quel Roberto di Ruggero che lavorò insieme a Nicodemo al pergamo di S. Maria in Porclaneta. Questo ciborio, che nella preziosità dei suoi intagli unisce un gusto orientaleggiante a quello classico, ha una complessa copertura con doppio tamburo intagliato, col motivo delle colonnine e degli archetti, e termina con una piramide ottagonale al sommo della quale sono quattro grifoni alati. Sempre di gusto orientaleggiante è l’altare sottostante sul cui fronte è scolpito l’agnello mistico.
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