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I luoghi del sacro

Cottanello e l’eremo scavato nella montagna

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alessia

Cottanello è un piccolo paese tra la valle reatina e quella del Tevere, immerso nella splendida campagna sabina.

Alle porte del paese si trova un autentico gioiellino incastonato nella roccia: l’eremo di San Cataldo che, per la sua bellezza, è annoverato tra i monumenti naturali della regione Lazio.

Non si hanno fonti certe sulla sua origine. Alcuni sostengono che sia antecedente al X secolo, altri lo fanno risalire al XI secolo e lo descrivono come rifugio e luogo di eremitaggio dei frati benedettini residenti nell’abbazia di Farfa, da cui si allontanavano a volte per darsi alla contemplazione e alla predicazione nel territorio di Cottanello. A loro vengono attribuiti gli antichi affreschi che ne abbelliscono le pareti, dipinti fra il XII e XIII secolo.

Il primo cenno del santuario si trova in una descrizione redatta in occasione della visita pastorale del cardinale Gabriele Paleotti avvenuta nel 1594, mentre non se ne fa cenno alcuno nelle note di una visita precedente, quella del cardinale Ispano avvenuta nel 1343. Alla fine del settecento un’altra visita, quella del cardinale Andrea Corsini, aggiunge altre importanti informazioni. L’ecclesiastico arrivò all’eremo nel 1781 e descrisse una struttura un po’ diversa dall’attuale: un ambiente sontuoso, frequentato assiduamente dai fedeli di tutto il territorio; un insieme di edifici articolati, una campana di bronzo, numerose tabelle votive, una pala d’altare raffigurante San Cataldo; all’esterno una stradina in pessime condizioni, quasi impraticabile, e due scalinate d’accesso, forse usate nei giorni di maggior afflusso in modo alternativo, una per salire, l’altra per scendere.

Per secoli il santuario venne gestito dalla compagnia di S.S. Andrea e Cataldo, che grazie a cospicue rendite assicurava la manutenzione e le regolari celebrazioni eucaristiche; le attività quasi cessarono del tutto e il deterioramento e il degrado divennero quanto mai evidenti all’inizio dell’Ottocento, per aggravarsi ulteriormente nei decenni successivi.

L’eremo è dedicato a S. Cataldo, Vescovo di Rochau, vissuto tra il VI°- VII° secolo d.c. che durante un pellegrinaggio in Terra Santa mori’ a Taranto dove fu sepolto nella cattedrale. La leggenda vuole che il Santo si sia rifugiato nell’eremo per sfuggire alla persecuzione ariana, ma nessun riscontro storico ha mai avvalorato tale ipotesi, ed e’ più probabile invece che la sua venerazione fu portata dai soldati che intorno al 1497 avevano combattuto proprio a Taranto.  Il patrono di Cottanello è stato da sempre S. Andrea, ma gli abitanti hanno sempre avuto una particolare predilezione per S. Cataldo, copatrono che si festeggia con gran fervore il 10 Maggio; a lui sono stati dedicati molti “ex-voto”, alcuni ancora visibili all’interno dell’eremo.
Incavato nella roccia granitica alle pendici di una montagna, appare sostenuto da una sostruzione caratterizzata da tre grandi arcate a tutto sesto, ed è sovrastato da una smisurata roccia che le fa da copertura. Intorno bosco, ulivi e piante selvatiche.
Il fronte su strada è semplice, privo di apparati decorativi, solo alcune piccole feritoie. Una ripida scala in pietra, realizzata nel 1888, facilita l’accesso alla piccola porta d’ingresso, sormontata da una lunetta e preceduta da tre gradini; da qui la vista si perde verso l’antico castello di Cottanello e va oltre, verso il monte Soratte e le pianure romane e viterbesi.
All’interno la piccola cappellina custodisce i più antichi affreschi in stile bizantino della Sabina, di particolare bellezza, come il millenario dipinto del Redentore ed altri bellissimi dipinti quattrocenteschi, raffiguranti Madonne con Bambino e Santi Vescovi. Nel dipinto del Redentore, datato IX° – X° secolo, è rappresentato Gesù seduto in atto di benedire con ai lati gli apostoli e sotto sei sante; nell’affresco ci sono chiari riferimenti a S. Francesco d’Assisi, il più visibile è il simbolo del santo stesso, il “TAU” greco che lo identificava. E’ certo infatti che tra il 1217 ed il 1223 Francesco si fermò tra le nostre genti per evangelizzarle. L’affresco  venne alla luce solo nel 1944, quando guastatori tedeschi, per proteggersi la fuga, fecero saltare il ponticello sottostante. L’eremo miracolosamente rimase integro, ma lo scoppio screpolò un affresco del ‘700 raffigurante il paese, sotto il quale si celava il prezioso dipinto. Nella volta, infine, vi sono ancora le rappresentazioni barocche, quindi posteriori, quali la cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso terrestre.

In un angolo della stessa parete c’è l’affresco risalente al 1443 della Vergine il cui Gesù Bambino ha il volto che ricorda le sembianze di S. Francesco.

Studiosi affermano che l’eremo sia stato usato più volte come avamposto di difesa durante i combattimenti susseguitisi nei diversi secoli: a confermare questa ipotesi ci sono le feritoie che ancora oggi si notano nella parete.

La suggestiva scalinata fu costruita nel 1888, quando fu realizzata la strada provinciale di Fontecerro per raggiungere la valle reatina. Prima di questa opera la vecchia strada era quella che passa per i “Prati di Cottanello”, ovvero proprio il cammino di Francesco, strada che percorreva il Santo da Greccio per raggiungere i nostri paesi.

alessia

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