Simbolo della più rocciosa piemontesità, la Sacra di San Michele si staglia contro il cielo azzurro delle Alpi con il suo profilo, visibile da grandi lontananze a indicare l’imbocco della valle di Susa. Quando si legge il Nome della Rosa di Umberto Eco, il pensiero corre subito a questa immensa roccaforte montana, che sembra sfidare i secoli e la natura stessa innalzandosi verso il cielo fin dove l’opera umana lo consente.
Attorno alla sua origine sono nate molte leggende. In realtà sorse un po’ prima del Mille sul monte Pirchiano (962 metri) a opera di San Giovanni Vincenzo, coadiuvato dal nobile penitente francese Ugo di Montboissier.
Situata in un punto strategico per il controllo dei passi alpini e luogo di tappa e assistenza per i pellegrini che percorrevano la via Francigena dal Nord Europa a Roma, la Sacra diventò nel Medioevo un simbolo imperituro del cristianesimo. Fu anche un importante centro di potere, esteso a molte chiese e proprietà sparse per l’Europa, e luogo di cultura, con la sua biblioteca ricchissima di manoscritti e la celebre scuola.
Ingrandita e fortificata, l’abbazia prosperò fino al XIV secolo, quando passò sotto il controllo del sabaudo Conte Verde. La decadenza cominciò nei secoli successivi, quando fu più volte bombardata e saccheggiata. I restauri, iniziati all’epoca di Carlo Alberto (sec. XIX), proseguirono per oltre un secolo, con l’inserimento di archi rampanti e il rifacimento delle volte della chiesa.COSA VEDERE
Dal parcheggio, un vialetto dirige verso l’abbazia, che incombe dall’alto con la mole della foresteria, del monastero e del fianco meridionale della chiesa.
Prima di salire alla Sacra vera e propria si incontra il Sepolcro dei Monaci della Sacra di San Michele, che consta dei resti di un antico tempietto. È così chiamato perché ritenuto una cappella cimiteriale, ma appare più realistica oggi l’ipotesi che vede in questa cappella, a forma ottagonale, la riproduzione del Santo Sepolcro, quasi un anticipo ai pellegrini del Sepolcro di Gerusalemme. La costruzione, prettamente cristiana, risale al secolo X. Questa chiesa, ancora intatta nel 1621 e dedicata a Santo Stefano, cominciò a rovinare nel 1661, fino a diventare molto presto un rudere.
Varcata la porta di ferro, si supera la Torre della bell’Alda raggiungendo un terrazzo da cui si gode uno stupendo panorama sul paesaggio circostante, il complesso abbaziale e l’abside della chiesa, ingentilita dalla loggia romanica detta dei Viretti. La Torre della Bell’Alda è una torre a strapiombo sul precipizio del monte al termine del muraglione perimetrale delle Rovine e trae il suo nome dall’omonima protagonista della leggenda. Secondo la leggenda, Alda, fanciulla paesana, arriva alla Sacra per pregare contro i mali della guerra. La ragazza ha purtroppo la sventura di essere sorpresa dai soldati nemici e tenta così di sfuggire al loro assalto, ma non avendo altra via di scampo si getta nel burrone invocando l’aiuto di San Michele e della Vergine. Si salva e rimane illesa in fondo al precipizio. Purtroppo questo favore celeste viene da lei male usato: per vanità e denaro s’immagina di poter fare un secondo salto e agli increduli suoi compaesani si offre di ripetere il volo, ma trova orribile morte dove prima aveva trovato l’inatteso scampo.
Il terrazzo è parzialmente delimitato dai ruderi del Monastero Nuovo, edificato tra il XII e il XIV secolo in corrispondenza del momento di massima espansione della comunità monastica. Il grandioso edificio a 5 piani, a cui fu aggiunta, verso nord, una nuova costruzione terminante con la Torre della Bell’Alda, cadde in rovina a causa di sismi, guerre e abbandono. Questa zona delle “Rovine” è stata oggetto di interventi di restauro, conservazione e accessibilità negli anni 1999-2002.
Una scalinata conduce all’ingresso: superato il portale, si entra nel poderoso basamento, poggiato sulla viva roccia e sostenuto da un gigantesco pilastro centrale alto più di 18 metri. Si sale quindi il ripidissimo Scalone dei Morti, così chiamato per l’abitudine di seppellire i monaci nelle nicchie laterali; questo antro, che è il vero e proprio ventre del complesso, offre la sensazione più profonda della compenetrazione dell’abbazia con la montagna.
In cima allo scalone si apre la porta dello Zodiaco, i cui pilastri e colonnine recano capitelli del XII secolo che sono opera di quello stesso Nicolò al lavoro nelle cattedrali di Ferrara e Verona. È così denominato perché gli stipiti nella loro facciata rivolta verso lo scalone sono scolpiti a destra con i dodici segni zodiacali e a sinistra con le costellazioni australi e boreali.
Un’ultima rampa, da cui si scorgono gli imponenti contrafforti ad archi rampanti aggiunti duranti i restauri otto-novecenteschi, porta all’ingresso della chiesa, da cui si ha un altro magnifico panorama sulle colline di Torino e la valle di Susa, sovrastata dall’imponente mole del Rocciamelone.
La chiesa di San Michele, iniziata nell’XI secolo in forme romaniche e terminata nel XIII in quelle gotiche, è a tre navate con volte a crociera. Vi si accede attraverso un portale romanico, profondamente strombato, che si apre sul fianco destro. Al fondo della navata centrale è il vecchio coro, che conserva un trittico e una pala di Defendente Ferrari (sec. XVI) e affreschi dei secoli XV-XVI. Il finestrone del presbiterio è ornato da altorilievi del XII secolo. Nella navata sinistra è il gotico mausoleo dell’abate Guglielmo III. Nella chiesa si conservano 16 sarcofagi contenenti le salme dei principi Savoia. Dalla navata centrale si scende alla cripta, costituita da tre cappelle risalenti al X-XII secolo.
Durante le visite speciali è possibile anche vedere le antiche sale di casa Savoia. L’ottocento ha visto un interesse e un’attenzione particolare della Casa Savoia nei confronti della Sacra, individuata come luogo simbolico ma anche di valore diplomatico e politico.
La riproduzione di antiche sale di Casa Savoia all’interno dell’Abbazia sono il prodotto di tale attenzione e si riscontrano nella sistemazione di locali di soggiorno, ricevimento e rappresentanza con decori e arredi d’epoca, la Sala a righe e la Sala Carlo Alberto nel Monastero Vecchio, e nell’allestimento di un appartamento reale, con terrazzo panoramico poggiato sulle mura del Monastero Nuovo.
Dalle fonti a nostra disposizione sappiamo che il monastero sin dalla sua fondazione disponeva di una vasta e ben fornita biblioteca abbaziale che, dopo la soppressione del 1622, scompare e viene probabilmente dispersa in tutto il mondo. L’attuale biblioteca della Sacra di San Michele nasce solo nell’ottobre del 1836, con l’arrivo sul Monte Pirchiriano dei Padri Rosminiani. Fu lo stesso Rosmini, due giorni dopo l’arrivo dei primi religiosi, a inviare una lettera da Stresa con l’elenco dei libri da acquistare. Inizialmente conteneva circa 300 tomi dei secoli XVII e XVIII e, con il tempo, vi si è accumulato un patrimonio importante di testi, fino ad arrivare al numero di circa 10.000 volumi tutti riordinati e schedati, secondo il sistema della Biblioteca Vaticana, dal paziente e costante lavoro di un gruppo di Volontari.
Infine, merita una visita il Museo del quotidiano della Sacra di San Michele è un locale posto al piano d’ingresso del Monastero vecchio, utilizzato in passato come legnaia e poi come ripostiglio. Oggi è la sede di un piccolo museo che accoglie oggetti d’epoca e strumenti di lavoro quotidiano dimenticati e caduti in disuso, ora raccolti e utilizzati per ricreare degli ambienti di lavoro quali un laboratorio di falegnameria e l’officina di un fabbro. La parete nord della stanza è interamente di roccia: è uno spuntone del Monte Pirchiriano che, come in molte altre zone, è ben visibile e ci ricorda la sua importante funzione di appoggio e sostegno all’edificio.
Il modo più facile per arrivare alla Sacra è in macchina, non essendo collegata direttamente coi mezzi pubblici. Da Torino si prende l’Autostrada A32 Torino-Bardonecchia direzione Frejus uscita Avigliana Centro. Da Avigliana alla rotonda che si incontra appena si esce dall’autostrada, seguire le indicazioni per Giaveno Sacra di San Michele e imboccare il tunnel. All’uscita del tunnel si arriva ad un’altra rotonda: seguire le indicazioni per Laghi di Avigliana e Giaveno e quindi per la Sacra di San Michele. Parcheggi al Piazzale Croce Nera (circa 10 minuti dall’abbazia).
Se si vuole ricorrere alla linea ferroviaria, bisogna prendere la Torino-Susa o Torino-Bardonecchia con discesa alla stazione di Avigliana. Dalla stazione ferroviaria di Avigliana è possibile prendere un taxi (distanza dalla Sacra circa 14 Km, prezzo intorno ai 25 euro).
Dall’1 aprile all’1 novembre 2018, il mercoledì, sabato, domenica e nei giorni festivi (Pasquetta, 25 aprile, 1 maggio, 2 giugno, 15 agosto, 1 novembre), al costo di 4 euro a/r, è inoltre possibile approfittare del servizio di bus navetta.
I più sportivi potranno raggiungere la Sacra di San Michele a piedi tramite due percorsi principali: il primo la collega all’abitato di Chiusa di San Michele, l’altro la collega all’abitato di Sant’Ambrogio tramite un’ampia mulattiera con delle stazioni della Via Crucis: in entrambi i casi, il dislivello è di circa 600 mt., con partenza delle mulattiere dalle chiese parrocchiali dei due rispettivi paesi.
Esiste, poi, una terza alternativa, sempre escursionistica, ma con dislivello inferiore: il Sentiero dei Principi con partenza dalla borgata Mortera di Avigliana (630 m). Questo itinerario passa in cima alla Punta dell’Ancoccia (896 m), suggestivo balcone sulla Sacra e la Bassa Valle, e poi ridiscende al Colle della Croce Nera (872 m).
Per gli appassionati di ascensioni alpinistiche, il complesso è anche raggiungibile tramite la via ferrata Carlo Giorda che parte da Sant’Ambrogio di Torino ai piedi del monte Pirchiriano.
Dalla Sacra di San Michele incomincia il cosiddetto sentiero dei Franchi, percorso escursionistico che la collega con l’Alta Valle di Susa. Sempre per la Sacra passava, in epoca medievale, un’importante via di pellegrinaggio: la via Francigena, nella sua variante alpina della val di Susa che univa Mont-Saint-Michel, in Francia, al santuario di San Michele Arcangelo, vicino a Foggia.
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