L’abbazia greca di San Nilo, situata nel centro storico di Grottaferrata, a pochi passi da Roma, è un unicum fra i luoghi di culto del nostro paese.
Fondata cinquanta anni prima dello Scisma che portò alla separazione delle Chiese di Roma e Costantinopoli, è sempre stato in comunione con il Vescovo di Roma, pur conservando il rito Bizantino-Greco e la tradizione monastica orientale delle origini. Anche la sua storia antichissima e la sua particolare conformazione a fortezza la rendono un esemplare più unico che raro. Attualmente l’Abbazia Greca di Grottaferrata è l’ultimo dei numerosi Monasteri Bizantini che nel medioevo erano diffusi in tutta l’Italia meridionale e nella stessa Roma.
Il Monastero Esarchico di Santa Maria di Grottaferrata è stato fondato nel 1004 da un gruppo di monaci greci provenienti dall’Italia meridionale, all’epoca I santi fondatori con la Madre di Diobizantina, guidati da S. Nilo di Rossano, capo carismatico e personalità spirituale di primo piano del suo tempo.
Le circostanze della fondazione sono illustrate dagli affreschi che decorano l’interno della basilica: qui ci limitiamo a ricordare che i primi secoli della vita abbaziale non videro purtroppo la realizzazione del sogno di pace del venerando monaco, giunto a Grottaferrata quasi centenario.
Le difese naturali del sito, infatti, segnarono il destino dell’abbazia: questa fu così coinvolta nelle ribollenti vicende che vedevano gli uni contro gli altri, alternativamente, papi, imperatori tedeschi, sovrani normanni, potenti signori di Roma e del Lazio, e che hanno lasciato il loro segno nelle diverse parti del complesso monastico.
La potenza abbaziale si rafforzò notevolmente: da una bolla papale del 1115 apprendiamo che i possedimenti di Grottaferrata arrivavano a comprendere la tenuta di San Pietro in Formis presso Nettuno, la più vasta dell’Agro romano. Il successivo alternarsi di devastazioni e di periodi di prosperità giunse fino agli ultimi decenni del Quattrocento, quando l’abbazia assunse la caratteristica veste architettonica con la quale ci accoglie.
Vi si giunge dalla via Tuscolana sulla quale, al bivio di Tor Mezzavia si innesta la via Anagnina, che porta fino a Grottaferrata. Si attraversa il centro abitato percorrendo il corso del Popolo, che conduce proprio all’ingresso dell’abbazia.
L’approccio, però, non dà una chiara idea della posizione strategica di questa vera e propria fortezza, ben più apprezzabile dalla parte posteriore, che si affaccia sulla valle Marciana. Altri, comunque, furono i motivi della scelta: la biografia di San Bartolomeo, compagno e continuatore dell’opera di San Nilo, l’attribuisce alla mitezza del clima, all’abbondanza delle acque, alla fertilità dei terreni, originariamente ricoperti di selve e pascoli, oggi ricche di vigneti.
Su questo sfondo paesaggistico spicca la poderosa cinta muraria, i cui caratteri hanno consentito agli storici a datarne la costruzione tra la rocca di Tivoli (1461) e la rocca di Ostia (1490). Ne è stata attribuita la paternità al più celebre tra i progettisti delle fortificazioni costiere laziali del Quattrocento: Giuliano da Sangallo. Alcuni studiosi, però, propendono per l’assegnazione al fiorentino Baccio Pontelli, le cui architetture militari presentano proprio i caratteri sperimentali ed innovativi che caratterizzano le mura di questa abbazia.
Un interessante particolare costruttivo: in una delle quattro torri, e precisamente quella ad ovest, è collocato un forno per la fusione dei metalli, che testimonia l’uso abituale delle artiglierie.
Non poteva mancare il fossato con il ponte levatoio, al posto dell’attuale ponte fisso.
La cinta fortificata racchiude due spiazzi rettangolari di diverse proporzioni: nel primo troviamo a sinistra il palazzo abbaziale, sullo sfondo la tipografia; al centro si trova la statua di San Nilo, qui collocata nel 1904, in occasione delle cerimonie per il nono centenario della fondazione dell’abbazia. Vi sorgeva anche un borgo medievale, oggi scomparso, che, nella prima fase della vita abbaziale ospitava i coloni e gli artigiani di questo vero e proprio castello feudale. Soltanto secoli dopo nascerà il borgo esterno attorno alla celebre fiera, la più antica del Lazio, che tutt’oggi caratterizza Grottaferrata.
Da un grande portone di ferro aperto nel palazzo abbaziale a sinistra di chi entra si raggiunge il cortile-giardino del Sangallo.
Passati al secondo piazzale, sulla sinistra, troviamo la basilica e il laboratorio di restauro. Al centro si trova la fontana liturgica, eretta nel 1906 in stile goticheggiante. Vi si svolge ogni anno, in occasione dell’Epifania, il suggestivo rito greco della benedizione dell’acqua lustrale, che richiama nell’abbazia numerosi visitatori.
Così come la vediamo oggi, la basilica di Santa Maria è un bell’esempio di architettura tardo-barocca, frutto di una serie di rimaneggiamenti che, nel corso dei secoli, ne hanno completamente alterato il disegno originario. Tuttavia vi possiamo ancora trovare le più antiche tracce di vita.
All’interno, subito a destra, troviamo una cappella chiusa da un’inferriata, in cui sono ancora evidenti tracce dell’intonaco originario. Un’affermata tradizione la identifica con l’oratorio paleocristiano trovato qui da San Nilo e San Bartolomeo, costituito da una grotta un’inferriata: di qui il nome di Cryptoferrata, con il quale il luogo è indicato sin dal primo documento del 1037.
E’ antichissima anche l’icona bizantina della Madonna Theotokos (XII – XIII sec.) protetta dal ricco baldacchino barocco di tipo berniniano, in contrasto con lo stile sobrio e severo dell’immagine.
Ancora originali sono i mosaici e gli affreschi dell’arco trionfale, lo stile ieratico e la presenza di una grande scritta in caratteri greci lungo la trabeazione ci ricordano la singolarità di questa abbazia, l’unica a seguire il rito greco orientale nelle immediate vicinanze di Roma.
I mosaici (XII-XIII sec.), restaurati più volte, rappresentano un ottimo esempio di arte bizantina. La parte inferiore del mosaico rappresenta i dodici Apostoli, contrassegnati dai nomi in caratteri greci, seduti ai lati di un trono vuoto, dal quale Gesù è salito al Cielo, come appare nella soprastante scena della Pentecoste; dal Cristo trionfante partono dodici strisce di luce, dirette verso gli Apostoli, accendendo sulle loro teste le fiammelle pentecostali.
Nel 1886 fu sistemata nelle sale al pianterreno del palazzo abbaziale la raccolta artistica abbaziale. Oggi la vediamo come è stata organizzata dopo il riordino successivo al restauro del 1969.
Sullo stesso cortile-giardino del Sangallo si affaccia la biblioteca, sistemata al primo piano sopra il refettorio dell’edificio posto a sud, costruito a metà del Settecento. Diventa però insufficiente contenere la sempre più imponente massa libraria custodita nell’abbazia, nel 1947 la sede bibliotecaria è stata ampliata, con l’aggiunta di un nuovo indispensabile braccio.
Le origini della biblioteca sono contemporanee, anzi addirittura anteriori all’abbazia stessa: le diedero inizio i preziosi manoscritti che San Nilo portò con sé, e che aveva scritto personalmente nella sua qualità di attivissimo ed assai abile amanuense. Sulla scia di San Nilo, i monaci di Grottaferrata portarono avanti l’attività produttiva libraria per tutto il Medioevo; tuttavia i codici conservati presso l’abbazia furono relativamente pochi, tanto che nel 1400 la dotazione libraria abbaziale poteva essere contenuta in una stanza che serviva anche da cantina.
La biblioteca custodisce tre codici dell’XI secolo, scritti dallo stesso San Nilo e dai suoi immediati discepoli, ed una pregevolissima raccolta di testi “melurgici” (di musica liturgica), la più antica oggi esistente per lo studio della musica bizantina. Fra i testi a stampa, molte pregevoli cinquecentine, fra le quali il rarissimo Cadamusto, la più antica raccolta di relazioni di viaggio, stampata nei primi decenni del Cinquecento.