Le rocce a picco e i frangenti, le raffiche di maestrale e l’apparizione improvvisa dei grifoni che nidificano sulle scogliere di Capo Caccia. D’estate, il fascino di alcune delle spiagge più belle e solitarie della Sardegna.
A primavera, ma anche nelle giornate serene dell’inverno, i colori e i profumi dei campi e dei pascoli bordati da siepi e muri a secco che offrono emozioni da Cornovaglia o da Irlanda. In tutte le stagioni, le poderose stalattiti, i laghi sotterranei, le delicate concrezioni della Grotta di Nettuno e delle altre cavità che si aprono nei calcari di Capo Caccia e del vicino Monte Doglia.
Celeberrimo d’estate tra i turisti che arrivano dal Continente o da altre parti d’Europa, l’angolo nord-occidentale dell’isola merita senz’altro una visita anche nelle altre stagioni, come ben sanno i cittadini di Sassari, Porto Torres e Alghero che, per arrivare a Capo Caccia e a Stintino impiegano solo pochi minuti di viaggio.
Qui, a portata di mano da alcune delle zone residenziali e industriali più popolate dell’isola, è possibile osservare in tutto il suo fascino la spinosa vegetazione costiera, ammirare con il binocolo le eleganti evoluzioni del grifone e di numerosi uccelli marini, tra cui spiccano i cormorani e il raro gabbiano corso.
Non mancano le possibilità per chi ama le escursioni, le immersioni, il cicloturismo e la canoa in mare aperto. Gli arrampicatori trovano grandi possibilità sulle pareti calceree di Capo Caccia.
Più che in altre parti dell’isola, la Nurra non è solamente natura. Accanto alla fauna, alla flora, all’azzurro intenso del mare, si ammirano singolari monumenti dell’uomo come il borgo minerario in abbandono di Argentiera, la splendida basilica di San Gavino a Porto Torres e le sepolture della necropoli di Anghelu Ruiu.
All’inizio e alla fine dell’itinerario, il centro medievale e il porto di Alghero offrono una piacevole passeggiata nel cuore del Pais català della Sardegna, tra architetture gotiche e botteghe che propongono i coralli lavorati in città.
DA ALGHERO A CAPO CACCIA (27 KM)
“Un negozio di coralli a forma di città“. Così, diversi anni fa, un giornalista tedesco ha ironizzato su Alghero e la proliferazione al suo interno delle botteghe che propongono al visitatore il tradizionale “oro rosso”.
Non c’è dubbio che il moltiplicarsi dei negozi abbia in parte cambiato il volto della città in vista di Capo Caccia. I magnifici monumenti medievali, però, continuano a fare di Alghero una meta di eccezionale fascino, che merita senz’altro una visita senza fretta.
Fondata dai Doria nel 1102, conquistata dai Pisani nel 1283 e dagli Aragonesi settant’anni più tardi, Alghero si è sviluppata tra il 1357 ed il 1372 con l’insediamento di una nutrita comunità catalana che divenne il nucleo della borghesia mercantile cittadina. Cara a Carlo V, la città ha continuato a prosperare nel Cinque e nel Seicento, per poi decadere con la partenza degli spagnoli all’inizio del secolo successivo.
Oggi Alghero è una città commerciale, e soprattutto uno dei principali centri turistici della Sardegna. Il suo centro monumentale resta di grandissimo interesse, e include alcune delle più belle architetture gotiche dell’isola.
Dal porto e dai piacevoli giardini che gli si affacciano, si entra nella città antica attraverso l’imponente Porta a Mare, accanto alla quale si trovano i resti del Forte de la Magdalena, dove una lapide ricorda il passaggio di Garibaldi nel 1855.
Attraversata la trapezoidale Piazza Civica, sulla quale si affacciano i palazzi De Ferrera e del Veguer, si raggiunge il Duomo di Santa Maria, il monumento più imponente della città, che ricorda nell’abside gotica le cattedrali di Salamanca e Segovia. Gran parte dell’interno, e in particolare l’altare, derivano però da una risistemazione barocca.
Decisamente più elegante è la Chiesa di San Francesco, che si raggiunge in pochi minuti dal Duomo. Costruita alla fine del Trecento in forme gotiche, affiancata da un convento, oggi utilizzato per concerti e convegni; da un elegantissimo campanile e da un bel chiostro quattrocentesco, San Francesco è secondo molti visitatori il monumento più interessante di Alghero.
La passeggiata per le strade lastricate del centro prosegue con la Chiesa della Misericordia (fondata nel 1508 e ricostruita nel Seicento), la cinquecentesca Casa Doria, le caratteristiche viuzze del quartiere ebraico intorno al Carrer de las Monjes, la poderosa cinta di mura nella quale spiccano le torri dels Hebreus (degli ebrei), di San Joan (San Giovanni) e di Sant Jaume (San Giacomo).
All’estremità meridionale del centro, a pochi passi dai bar e dal perenne affollamento di Piazza Sulis, è la torre del Esperò Reial, un poderoso fortilizio a pianta circolare ricordata a partire dal 1364 e utilizzata a lungo come prigione.
Lasciata alle spalle la città si segue la strada che costeggia l’ampia rada di Alghero, lasciando a destra le deviazioni per Sassari, Porto Torres e l’aeroporto di Fertilia. Superato il canale che collega lo stagno di Calich al mare aperto, si lasciano a sinistra le deviazioni per le spiagge delle Bombarde e del Lazzaretto e si raggiunge infine il nuraghe Palmavera. Formato da una torre centrale e più antica, cui si affiancano un cortile, una cinta muraria esterna e la caratteristica “Capanna delle Riunioni”, il complesso è il più imponente del nord-ovest dell’isola, e merita senz’altro una visita.
Poco dopo, la strada si affaccia sullo splendido scenario di Porto Conte, citato da Tolomeo con il nome di Portus Nympharum, che si aggira a nord con un bel colpo d’occhio sullo specchio d’acque e su Capo Caccia. Superato il Monte Timidone, si raggiungono le poche e dimesse case del borgo agricolo di Tramariglio.
Da qui è possibile accedere a piedi nella piccola ma interessante Riserva Naturale di Capo Caccia, istituita nel 1988 e nota tra gli zoologi italiani con il soprannome de “L’Arca di Noè”.
Superata Tramariglio, la strada inizia a salire. Con panorami via via più ampi, e con un bel colpo d’occhio sulla seicentesca Torre del Bulo, ci si alza in direzione delle scogliere e del faro di Capo Caccia. Difeso verso il mare aperto da pareti che sfiorano i 300 metri di altezza, il promontorio è uno dei più spettacolari dell’isola, e senz’altro il più celebre.
Uno dei classici panorami del promontorio si ammira dalla selletta del Belvedere, che si apre a destra della strada due chilometri oltre Tramariglio. Fatti pochi passi dall’auto, ci si affaccia dall’alto sul mare aperto e sulle scogliere che difendono il promontorio, cui si affianca la rocciosa Isola Foradada.
Dal Belvedere è possibile incamminarsi verso nord, lungo un sentiero faticoso ma di eccezionale interesse panoramico. In poco più di mezz’ora, tenendosi sempre sul ripido e roccioso crinale, si raggiungono i 271 metri della Torre della Pegna, magnifico belvedere su gran parte della Nurra.
La strada di Capo Caccia termina alla selletta successiva, che separa l’altura dov’è il Faro dal vero e proprio promontorio, incluso in una zona militare chiusa al pubblico. Il panorama è interessante anche da qui. Chi ha buone gambe, però, non deve trascurare la scala che scende alla interessante Grotta Verde. E soprattutto la Escala del Cabirol, la Scala del Capriolo, che scende con 656 gradini fino al livello del mare, dove si apre la spettacolare Grotta di Nettuno. Ricca di concrezioni e ambienti di grande suggestione, la cavità contende alla Grotta del Bue Marino di Cala Gonone, il titolo di grotta turistica più interessante dell’isola. Tra le formazioni più spettacolari al suo interno, meritano una citazione la “Reggia” e la “Tribuna della musica”.
Chi non vuole affrontare la scala, può visitare la Grotta di Nettuno con le barche che partono dal porto di Alghero, e che permettono di ammirare dal mare le spettacolari scogliere di Capo Caccia. Ai loro piedi c’è anche l’interessante Grotta dei Ricami, nota per le sue concrezioni bianchissime.
Lasciato alle spalle Capo Caccia, si torna verso nord, oltrepassando Tranariglio, fino a Porto Conte. Qui si lascia la strada percorsa all’andata e si continua in direzione di Sassari, attraversando una zona agricola a poca distanza dalla costa. Brevi e consigliate deviazioni a sinistra consentono di raggiungere la spiaggia di Porto Ferro e il lago di Baratz, il solo bacino naturale di acqua dolce della Sardegna.
Attraversata da viottoli e strade sterrate, questa parte della Nurra offre belle passeggiate a piedi ed in bicicletta. Particolarmente suggestiva è la spiaggia di Porto ferro, separata dal lago da imponenti dune e sorvegliata dalle torri Negra, Bianca e di Bàntine Sale.
Tornati alla strada principale la si segue per altri 4 chilometri in direzione Sassari. Poi si piega a sinistra, e si prosegue sulla stretta e tortuosa stradina che aggira il massiccio che culmina nella Punta Caparoni, e raggiunge le poche case di Palmadula.
DA CAPO CACCIA AD ARGENTIERA (48 KM)
Dal borgo di Palmadula, una tortuosa strada asfaltata si abbassa a svolte fino a Porto Palmas, risale a scavalcare un crinale e raggiunge il suggestivo villaggio minerario di Argentiera, una delle più classiche mete dell’isola per gli appassionati di luoghi insoliti o di archeologia industriale.
Sfruttato già dai romani per i suoi giacimenti di zinco e piombo, il sito ha visto alla fine dell’Ottocento la nascita del grande complesso che si può osservare ancora oggi. Negli anni Cinquanta la miniera occupava 1.800 persone, nel 1963 è stata abbandonata, creando una gravissima crisi occupazionale in tutta la Nurra.
Oltre alla vecchia miniera, solo in piccola parte restaurata, e al vicino villaggio di minatori, meritano interesse la bella spiaggia ghiaiosa che si affianca agli impianti, e lo spettacolare litorale roccioso che si allunga da entrambi i lati del villaggio.
Da Argentiera, un interessante itinerario a piedi porta ai 221 metri della Punta Argentiera, che offre un bel panorama sulla selvaggia costa in direzione Porto Ferro. Conviene incamminarsi a piedi dal centro, seguendo brevemente una strada in salita. Poi si aggira a monte la miniera, si attraversa un piazzale e si sale nella macchia fino ad una strada sterrata che porta a destra ad un crinale. Da qui si raggiunge la forcella tra il Capo dell’Argentiera e la Punta Argentiera, dove si trova un vecchio fortino. In discesa, una carrareccia a tornanti porta ad una casermetta in rovina, e prosegue senza difficoltà fino all’abitato.
DA ARGENTIERA A STINTINO (32 KM)
Lasciati alle spalle il mare e la suggestiva malinconia di Argentiera, si torna a Palmadula, si piega a sinistra, e si continua tra campi e pascoli, in direzione del promontorio di Stintino. La strada raggiunge quella che arriva da Porto Torres e Sassari, attraversa una zona pianeggiante e acquitrinosa, e si affaccia a sinistra sullo stagno di Casaraccio, dove sostano l’airone cenerino, il cormorano e il cavaliere d’Italia.
Lasciata a destra la Tonnara Saline, si raggiungono il centro e il porto di Stintino, una delle località di mare più apprezzate dell’isola. Celebre per il suo mare color turchese intenso, oltre il quale si alzano le rocce dell’Asinara, Stintino ha una storia emblematica, che vale la pena di conoscere.
Creato nel 1885 da una quarantina di famiglie di contadini allontanate dall’Asinara per far posto alla colonia penale, il paese è stato a lungo tra i più poveri della Nurra. Nel dopoguerra, all’improvviso, il boom del turismo (iniziato dalle famiglie della buona borghesia sassarese, come i Berlinguer e i Segni), ha trasformato i magri e sassosi appezzamenti di Stintino in un’autentica miniera d’oro.
Costruita in “stile” sull’esempio della Costa Smeralda, la zona intorno al porto conserva un’architettura piacevole. La parte nuova dell’abitato, che si estende verso la Spiaggia della Pelosa, è meno ordinata. L’abbondanza di giardini ed aree verdi, insieme all’assenza di costruzioni più alte di due o tre piani, dà comunque a Stintino un aspetto ben diverso da quello dei molti e informi agglomerati di cemento sorti sulle coste dell’isola.
Per gli appassionati della vela, l’appuntamento da non perdere è quello che si svolge gli ultimi giorni di agosto, quando le acque di fronte all’Asinara ospitano una regata che ha per protagonisti i tradizionali gozzi in legno dei pescatori, ristrutturati a regola d’arte. Alcune di queste barche a vela latina arrivano da Sant’Antioco e San Pietro, altre, di proprietà della Marina Militare, dal porto della Maddalena.
Da Stintino, una piacevole passeggiata conduce all’imponente Torre Falcone, circondata da una fitta macchia mediterranea e ottimo belvedere sull’Isola Piana e l’Asinara. Dal centro occorre seguire la strada per Capo Falcone, deviare a sinistra verso l’abitazione del medico condotto e proseguire fino a un gruppo di ville a 2,5 km dal paese. Si continua a piedi per una carrareccia in salita, si attraversa il Monte della Crocetta e si sale dolcemente fino alla Torre. Tra andata e ritorno, occorrono un paio d’ore.
Da Stintino lo sguardo corre inevitabilmente all‘Asinara, che si staglia al di là dell’Isola Piana e della Rada di Fornelli. Sede nel Medioevo di un piccolo monastero camaldolese, occupata per oltre un secolo da una colonia penale, trasformata negli anni Ottanta in carcere di massima sicurezza, l’isola conserva una fauna ricca e sorprendente, che include il daino, il muflone ed il caratteristico asino dell’Asinara, una sottospecie endemica dal pelo chiaro.
DA STINTINO AD ALGHERO (69 KM)
Volte le spalle all’azzurro mare di Stintino, si torna con un po’ di rimpianto verso sud, seguendo la strada già percorsa all’andata. Superato lo Stagno di Casaraccio, è possibile deviare a destra per la breve ma sconnessa strada sterrata che conduce alla bella costa rocciosa in vista dell’Isola dei Porri.
Al bivio di Pozzo San Nicola conviene tenersi a sinistra lungo la scorrevole strada che passa in vista dello Stagno di Pilo e costeggia una zona industriale.
All’incrocio successivo, chi ha fretta di tornare verso Alghero può senz’altro piegare a destra e attraversare velocemente la pianura in direzione dell’aeroporto e della città.
A chi ha ancora un po’ di tempo, consigliamo senz’altro la deviazione verso Porto Torres, il principale porto della costa settentrionale dell’isola, che conserva però alcuni monumenti di notevole interesse. Da non perdere, in particolare, la basilica di San Gavino, una delle più belle chiese della Sardegna. Iniziata intorno al 1065 e completata nel 111, conserva un elegante esterno in stile pisano, una imponente navata a due cripte costruite sulla necropoli paleocristiana che ospita i resti dei santi Gavino, Proto e Gianuario. Caratteristica e inconsueta è la posizione dei due portali, che si aprono sui lati lunghi della basilica. Alle due estremità dell’edificio vi sono due absidi quasi uguali tra loro.
Merita una sosta anche una visita all’area archeologica di Porto Torres, che comprende le monumentali Terme Centrali, un interessante Antiquarium e lo spettacolare ponte romano sul Riu Mannu, che comprende sette arcate e misura 135 metri. Sulla costa calcarea vi è la chiesetta ottocentesca di San Gavino a Mare, meta di una colorata processione che si svolge il 3 maggio.
Usciti da Porto Torres, ci si dirige a sud lungo la “strada dei mari” che attraversa la pianura coltivata della Nurra. Superato il nuraghe Bazzinitta, e lasciate a sinistra varie deviazioni per Sassari, si raggiunge la strada che porta a destra all’aeroporto Alghero-Fertilia.
Subito prima del bivio, si trova l’ingresso della necropoli di Anghelu Ruju, che include 36 domus de janas particolarmente suggestive, i cui ricchi corredi sono oggi conservati nei musei archeologici di Sassari e Cagliari.
Quasi di fronte alla necropoli, l’ingresso della Tenuta Sella & Mosa ricorda che dai vigneti della Nurra di producono alcuni dei migliori vini bianchi di Sardegna. L’azienda, che include un piccolo museo, è nota soprattutto per il suo vermentino, il bianco secco più noto dell’isola, ottimo per accompagnare i piatti a base di pesce. Da assaggiare sono anche i bianchi Alghero Le Arenarie e Torbato Terre Bianche, e i rossi Tanca Farra e Marchese di Villamarina. Terminata la degustazione, pochi minuti su una comoda strada riportano ad Alghero.