Non sempre le difficoltà di accesso sono un elemento negativo, anzi spesso aiutano a preservare la bellezza più profonda di un luogo. E’ il caso di Camerota, borgo medievale arroccato su un costone roccioso a strapiombo sulla costa del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano.
Una terra difficile e impervia, poco a sud di quella Paestum che nell’antichità segnava il confine tra mondo civilizzato e mondo selvaggio. Un territorio rimasto fra i più intatti e selvaggi della Campania, protetto dall’Unesco e recente scenario del fortunato film Benvenuti al Sud. Una miscela di foreste e fiumi, siti archeologici e borghi aggrappati a possenti montagne che si affacciano su uno strepitoso angolo del Tirreno.
Sotto Camerota, dopo 6 km di curve, si trova Marina di Camerota, un dedalo di stradine lastricate che conserva il fascino del tipico borgo marinaro. Tra scalinate e vicoli, volte ed arcate, il dedalo di vie confluisce nell’animata piazza San Domenico, con la chiesa di Sant’Alfonso e i palazzi d’epoca.
Il paese è al centro di un frastagliatissimo litorale di oltre 20 km che si estende da Capo Palinuro alla costa degli Infreschi, con spiagge sabbiose e calette raggiungibili solo via mare o con ripidi sentieri, separate da scogliere che si gettano a picco in un mare dalle sfolgoranti sfumature turchesi, da anni Bandiera Blu.
Il tutto incorniciato da una macchia mediterranea che a giugno raggiunge l’apice della fioritura coi profumi inebrianti di ginestre, orchidee, euforbie, mirto e ginepro fenicio, cui fanno da sfondo, man mano che si sale di quota, lentischi, ulivi, carrubi e fitti boschi.
In mezzo a questo eden, Camerota è una piccola gemma di pietra. Una sorta di vedetta, dall’alto dei suoi 300 metri, di un mare su cui aleggiano da sempre affascinanti miti e leggende. Come quella di Kamaraton, la superba fanciulla da cui Camerota trarrebbe il nome. Per aver rifiutato l’amore di Palinuro, il nocchiero della nave di Enea, fu trasformata da Venere nella roccia sulla quale sorge il paese.
In realtà il nome verrebbe dal greco kamaraton, cioè costruito a volta, forse per via delle tante grotte naturali della zona e delle architetture del borgo. Una fitta trama di vicoletti, sormontati da archi, sfarzosi palazzi baronali, ma anche umili case contadine e artigiane: Camerota vanta un’antica tradizione nella lavorazione della terracotta, tramandata di padre in figlio.
Il borgo è trascurato dai villeggianti, che si concentrano sulle spiagge e a Marina di Camerota, con le sue frazioni, dove la popolazione in estate passa da 7.000 a 70.000 persone.
Ma a Camerota il tempo scorre placido fra profumi, sapori e gli accoglienti modi di fare della gente, che riportano a un mondo perduto, da assaporare fra passeggiate e panorami mozzafiato. Da piazza Castello, dominata dai ruderi del castello, si ammirano i verdi monti alle spalle del paese; da palazzo Serra, a strapiombo sulla roccia, e dal belvedere ai piedi della chiesa di San Daniele la vista spazia sull’orizzonte marino.
Sotto, sul mare, Marina di Camerota è un brulichio di locali, negozi e ristoranti all’aperto dove gustare le ricette della tradizione locale. Imperdibile la passeggiata sul lungomare al tramonto, quando il porticciolo e la baia si tingono d’arancio.
Da qui si può andare alla scoperta della costa in barca. Verso sud, superata torre dello Zancale, una delle tante costruite nel ‘500 a difesa dai Saraceni, si aprono i selvaggi scenari dell’Area marina protetta Costa degli Infreschi e della Masseta, che si estende fino quasi a Scario.
E’ tutto un rincorrersi di scogliere che all’improvviso precipitano in mare frantumandosi in mille anfratti e strette insenature, così che la costa si presenta come un susseguirsi di vertiginose voragini, faraglioni, pinnacoli rocciosi e calette solitarie di ciottoli bianchissimi. Come cala Fortuna o cala Monte di Luna, incastonata con i suoi scogli affioranti fra le falesie alte fino a 150 metri: scenari da fiordi scandinavi nel cuore del Mediterraneo.
E ancora, la minuscola spiaggetta del Pozzallo, che a fatica si fa largo fra le rocce ricoperte da euforbia e gariga, la tipica vegetazione di arbusti sempreverdi. Poi cala Bianca e, oltre il promontorio degli Iscotelli, lo spettacolare porto naturale degli Infreschi, con affioramenti di falesie sottomarine. Il suo nome deriva dalle fresche sorgenti d’acqua dolce che si riversano nella baia, caratterizzata da piscine naturali dalle sfumature tra il turchese e lo smeraldo.
Anche il versante nord della costa, verso Capo Palinuro, riserva sorprese. Dalla vivace animazione di Marina di Camerota nel giro di pochi km si passa ad un paesaggio che sembra uscito dalle mani di un fantasioso scultore. Lasciate le spiagge più a ridosso dell’abitato, quali Calanca, Marina delle Barche, Lentiscelle e delle Sirene, si trovano arenili sabbiosi fra i più ampi del Cilento, come la spiaggia della Vela, cala d’Arconte, cala Finocchiara e soprattutto cala del Cefalo, 5 km di fine sabbia dorata.
Oltre la foce del fiume Mingardo la costa si fa di nuovo frastagliata, con le calette dell’Arco Naturale, Longa e del Buon Dormire. Queste cedono il passe alle scogliere mozzafiato, alte anche 50 metri, della penisola di Capo Palinuro che, con la sua inconfondibile forma a pentadattilo dominata da un faro, si protende tormentata e maestosa verso il mare.
Un paradiso subacqueo di ricchi fondali, ricoperti da prateria di posidonia oceanica, gorgonie e coralli rossi e costituiti in alcuni punti da particolari formazioni rocciose dette “flysch del Cilento”. Qui si aprono grotte famose, come la grotta Azzurra e quella della Cattedrale. Altre, che hanno restituito importanti resti paleontologici, si trovano lungo tutto il tratto costiero verso Camerota Marina: le grotte delle Ossa, dei Porci, dell’Alabastro, del Noglio e degli Infreschi, dove i pescatori conservavano, dopo la mattanza i prelibati tonni di questo splendido mare.
La costa intorno a Marina di Camerota è ricca di attrattive. Oltre Capo Palinuro, da non perdere Marina di Pisciotta, suggestivo borgo di pescatori noto per la pesca delle alici, ancora effettuata con la rete di “menaide”, antica tecnica risalente ai Greci.
Vanta un’antica vocazione marinara anche Acciaroli, dove soggiornò Ernest Hemingway, e dove le case sono costruite con le pietre prese dal mare. Il borgo sorge su uno degli angoli più belli del basso Tirreno con baie, spiaggette e fondali accattivanti. Godersi un tramonto dal porto, magari assaporando un gelato al gusto del fico bianco del Cilento, può essere un’esperienza indimenticabile.
Andando invece verso est da Marina di Camerota, superati Porto degli Infreschi e diverse deliziose calette, si arriva a Scario, rinomata in età romana per la preparazione del garum, salsa di pesce di cui i Romani erano ghiotti. Col porticciolo pieno di barche colorate e il lungomare con edifici neoclassici ed alte palme, è il classico borgo di pescatori in cui il tempo sembra essersi fermato e dove le spiagge sono ancora poco affollate.
Poi la costa scivola lentamente verso Sapri. Al confine con l’unico tratto di Basilicata affacciato sul Tirreno, è la cittadina più vivace del golfo di Policastro, legata alla sfortunata impresa del patriota Carlo Pisacane, che vi sbarcò nel 1857 con 300 uomini nel tentativo di porre fine al dominio borbonico.
Tante le occasioni per godere appieno il mare fra gite in barca, immersioni, snorkeling e anche windsurf intorno a cala d’Arconte, la più ventosa. Tra gli operatori cui si può far riferimento per andare alla scoperta delle meraviglie sommerse o in superficie, il Diving Center di Marina di Camerota organizza immersioni anche alla grotta dell’Alabastro, al cui interno sgorga una sorgente d’acqua dolce.
Per gite in barca alla scoperta di calette, spiagge e grotte fra Capo Palinuro e Porto degli Infreschi, la Cooperativa Cilento Mare organizza anche uscite notturne per pescare con le lampare. Gite in barca ed esplorazioni subacquee nelle grotte con il Centro Pesciolino Sub di Palinuro.
A Camerota, Posidonia Onlus, oltre a gite in barca, organizza escursioni lungo alcuni dei sentieri più panoramici della zona costiera e dell’interno del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano.
Il Cilento è una terra straordinariamente ricca anche dal punto di vista gastronomico. Non a caso le abitudini alimentari dei cilentani furono studiate a lungo dal biologo americano Ancel Keys, teorizzatore della dieta mediterranea, che visse 28 anni a Pioppi, un villaggio di pescatori del comune di Pollica.
Tra i prodotti tipici spicca il fico bianco del Cilento, da mangiare fresco oppure essiccato e ripieno di noci, mandorle e finocchietto selvatico, ricoperto di cioccolato o infilzato in stecchi passati al forno.
E poi il carciofo tondo di Paestum Igp, il carciofo bianco del Basso Tanagro, il cece di Cicerale, il fagiolo di Controne, l’olio dop del Cilento, ottenuto dalle olive pisciottane, i vini doc Castel San Lorenzo e doc Cilento, i liquori all’alloro. Tra i formaggi, il caciocavallo podolico, il pecorino, il cacioricotta e la mozzarella ca’ mortedda, avvolta, cioè, nelle foglie di mirto.
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