Disposta ad anfiteatro attorno ad una piccola rada della costa settentrionale dell’Isola d’Ischia, la stazione balneare e termale di Lacco Ameno si estende tra la punta di Monte Vico, le pendici dell’Epomeo e l’altopiano della Fundera.
A questa conformazione si deve il toponimo “Lacco“, dal greco laccos, che significa, appunto, “cavità“. La denominazione Ameno fu aggiunta solo nel 1863.
Oltre che il più piccolo comune dell’isola, Lacco Ameno è anche il sito dove sorse Pithecusa, il più antico insediamento storico ischitano, fondato nell’VIII sec. a.C. e individuato sulla cima e sulle pendici orientali del Monte Vico, estrema propaggine dell’attuale territorio comunale, che ne costituì l’acropoli. Le due insenature di San Montano e di Sotto Varule ospitarono invece i porti commerciale e militare, mentre la Valle di San Montano fu la necropoli.
Prima del boom turistico, Lacco Ameno era un piccolo villaggio di tipiche case ischitane, mentre oggi è sede di numerosi grandi alberghi di lusso, con fonti termali e attrezzature per bagni e fanghi annesse, che ospitano esponenti dell’arte e della cultura, continuando così la tradizione del soggiorno di ospiti illustri del passato quali il favoliere danese Anderse, il compositore Mendelssohn, la scienziata Madame Curie.
La Baia di San Montano è diventata oggi sede di un lussuoso stabilimento balneare, con piscina e acqua di mare, mentre tutt’intorno e sul Monte Vico sono state costruite numerosissime ville.
La particolarità naturale che più salta all’occhio a Lacco Ameno è il Fungo: una curiosa roccia tufacea cui l’erosione marina ha dato la forma caratteristica da cui ne deriva il nome. La sua forma bizzarra fornì lo spunto per una toccante leggenda che narra di due giovanissimi innamorati i quali, avversati da parenti e genitori, tentarono la fuga per mare, ma perirono. Nel punto in cui annegarono si innalzò allora il Fungo, baluardo del loro amore. Ma il Fungo è nato probabilmente da un’eruzione lavica del vicino Monte Rotaro.
Sembra che Lacco Ameno sia un luogo particolarmente denso di leggende. E’ infatti questo il punto verso il quale Santa Restituta, oggi la patrona dell’isola, era stata trascinata verso riva, dopo che la martire era stata abbandonata in mare su una barca. Ma il vento la sospinse e il 17 maggio toccò la baia di San Montano. In ogni caso a maggio fioriscono a suo ricordo nelle baie di Lacco Ameno, i gigli, 710 anni dopo quel fatidico giorno.
CENNI STORICI
Lacco Ameno fu la prima località dell’isola ad essere abitata dai greci: sembra che essi sbarcarono nella Baia di San Montano, che forma una specie di porto naturale, quindi si stabilirono sul sovrastante Monte Vico, dove iniziarono una fiorente attività di ceramisti, di scuola prettamente mediterranea, come dimostrano i numerosissimi reperti archeologici rinvenuti durante gli scavi. Attualmente parte di questi reperti è visitabile nella cripta del Santuario di Santa Restituta, patrona della cittadina.
La diversa provenienza dei reperti, appartenenti a varie culture (greca, egizia, siriaca, etrusca), conferma inoltre il ruolo commerciale di Pithecusa, per il cui tramite le popolazioni della Campania assimilarono molti elementi della cultura greca, dall’alfabeto all’arte del tornio, alla coltivazione della vite e dell’olivo.
La successiva fondazione di Cuma, sulla costa campana, frenò lo sviluppo dell’insediamento, che continuò tuttavia a svolgere un ruolo di primo piano grazie alla fioritura di un ricco artigianato, celebre per la lavorazione di terrecotte e metalli e che eccelleva nella produzione dei monili.
Il tramonto di Pithecusa, intorno al II sec. a.C., fu determinato da cause diverse, tra cui le violente eruzioni dell’Epomeo e lo sviluppo della colonia greca di Neapolis.
Pur essendo già stata individuata nell’ultimo scorcio del Settecento, essa rimase praticamente inesplorata fino alla metà del Novecento, se si esclude lo scavo di alcune tombe effettuato nel XIX sec. Risalgono al 1952, infatti, i primi saggi degli scavi che a San Montano hanno portato alla luce una vasta necropoli. L’area esplorata supera i 1200 metri quadri di estensione, con più di 1300 tombe scavate, databili dall’VIII sec. a.C. al II sec. d.C. I corredi funerari rinvenuti forniscono utili indicazioni sulla composizione sociale della colonia, costituita prevalentemente da artigiani, commercianti, mediatori d’affari e contadini. Sull’area della scomparsa Pithecusa sorse, in età romana, un insediamento residenziale che ebbe il nome di Heraclion, forse dall’antico culto di Ercole. Molte dovevano essere le ville che si affacciavano a mezza costa sulle pendici del Monte Vico: di una in particolare, ad ovest, sono sopravvissuti i resti di tre vani, di cui risultano ancora visibili i pavimenti mosaicati a motivi geometrici.
Anche per i secoli del Cristianesimo restano tracce di un persistente e vitale insediamento. Intorno alla nuova basilica, la vita doveva scorrere operosa e tale rimase almeno fino al IX secolo, quando un progressivo declino (innescato forse da fenomeni tellurici, ma probabilmente anche dalle scorrerie piratesche) colpi non solo le strutture più propriamente ufficiali, ma anche lo stesso abitato di Lacco, troppo esposto agli attacchi. Fu così che i suoi abitanti preferirono trasferirsi sulle vicine alture di Mezzavia, Cementara, Casa Monte e Monte Vico, e che il tessuto insediativo di tutta l’isola subì profonde lacerazioni, improntandosi all’emergenza e alla provvisorietà. E il paese medievale si sviluppò serrato intorno alla Chiesa di Santa Restituta e all’Oratorio del conte Marino.
Fino a tutto il Cinquecento, Lacco, come i nuclei abitati contigui, rimase in secondo piano rispetto alla predominante Ischia. Nonostante l’esiguità del suo territorio, in diversi documenti secenteschi il paese appariva già distinto in “Lacco di sopra” e “Lacco di vascio”, partizione tuttora esistente tra la zona collinare e quella marina. In questi stessi anni, l’economia di Lacco conosceva un rinnovato impulso. All’incremento della viticoltura s’aggiunse infatti la coltivazione del pomodoro, da poco importato dall’America. Altra risorsa era, naturalmente, la pesca: risale proprio a quest’epoca l’impianto della prima tonnara di Ischia, posta in prossimità della punta estrema del Monte Vico. Inoltre, a partire ancora dal Seicento, la rinomanza della acque termali e delle sabbiature calde richiamarono a Lacco gente comune ed eminenti personalità, tra cui i reali di Baviera, il duca d’Atri e il duca di Acquaviva. Il terremoto del 1883, che rase al suolo Casamicciola, risparmiò Lacco nella fascia costiera, ma danneggiò gravemente le contrade interne di Rosario, Fundera, Fango, Pannella, Casa Pera e Mezzavia, innescando sostanziali processi di trasformazione di questo versante dell’isola: cominciò allora un’espansione dinamica favorita dalla configurazione morfologica del suolo, dalla presenza di approdi naturali e dall’incremento dell’attività turistica in corrispondenza delle aree termali. L’impulso maggiore si ebbe sul versante settentrionale, grazie anche alla realizzazione di infrastrutture stradali, quali la litoranea Casamicciola-Lacco, del 1926: di qui la concentrazione abitativa lungo la costa, meno danneggiata dal sisma e di più facile accesso. A Lacco l’edilizia privata si sviluppò lungo le attuali via Roma e piazza Santa Restituta, che divennero il fulcro della vita cittadina: si compiva così il definitivo passaggio da marina di pescatori ad area urbana.
A partire dagli anni Cinquanta, il turismo è diventato l’attività economica prevalente per Lacco, determinando una sterzata che ha profondamente modificato l’assetto economico, sociale e abitativo della cittadina. L’antico borgo di pescatori fu dapprima proiettato verso una fruizione elitaria, concentrata sui grandi alberghi e su qualche residenza prestigiosa, come la settecentesca Villa Arbusto, con l’annessa Villa Gingerò, aggrappata alle pendici dell’omonima collina, o le principesche residenze dell’altura del Monte Vico. Così, negli anni Sessanta, Lacco seppe conquistarsi il titolo di comune più chic dell’isola, vero rifugio del jet set internazionale. Solo in seguito la fisionomia economica dell’insediamento avrebbe cominciato a propendere verso un turismo di massa prevalentemente balneare. E oggi, intrattenersi in uno dei caratteristici locali del Corso potrà rivelarsi un piacevole diversivo per il turista, cui si offre anche la possibilità di gustare qualche particolare specialità ischitana nei ristoranti della zona.
COSA VEDERE
Sulla marina di Lacco, in una suggestiva cornice ambientale, ma quasi soffocata dall’agglomerato di case circostanti, si erge la Chiesa di Santa Maria delle Grazie, di cui si ha notizia nei documenti già a partire dalla fine del Seicento. Costruita dalla famiglia Monti e donata alla curia vescovile nel 1886, essa è stata più volte rimaneggiata e ampliata nel corso dei secoli: così delle strutture originarie restano intatti solo i portali, ad arco in pietra lavica. La chiesa è a croce latina, con un’unica navata a volta e un’abside piuttosto profonda. La cupola minore, che svetta sul coro dietro l’altare maggiore, è decorata a stucchi; la maggiore, posta sulla crociera e molto slanciata, poggia su pilastri ben sagomati. Sotto le campate laterali si aprono sei cappelle. La facciata, il cui ordine inferiore è di evidente matrice barocca, venne gravemente danneggiata, come il resto dell’edificio, dal terremoto del 1883. Ristrutturata, la chiesa fu inaspettatamente chiusa al pubblico e trasformata in deposito. Solo dopo la seconda guerra mondiale Santa Maria delle Grazie tornò a svolgere le proprie funzioni e nel 1949 fu eretta a parrocchia in sostituzione di quella preesistente, della Santissima Annunziata alla Fundera. Nei decenni successivi l’edificio sacro è stato fatto oggetto di numerose integrazioni anche strutturali: fra le più significate spiccano il campanile, l’organo e l’altare basilicale in marmo.
La cima del Monte Vico, vera e scenografica quinta occidentale del paese, si raggiunge percorrendo una ripida strada con vista su tutta la costa settentrionale dell’isola. Il monte, alto 116 metri, è dominato dalla quattrocentesca Torre Aragonese. Edificata con funzioni di avvistamento e di difesa in un’epoca in cui le incursioni turche e piratesche costituivano un vero e costante flagello, e impiantata su un solido basamento di ben 60m2, essa rimase per lungo tempo in stato di assoluto abbandono, tanto che venne privata anche della merlatura aragonese, utilizzata per costruire il muro di cinta del vicino cimitero. Dopo i restauri iniziati nel 1971, la torre ha però recuperato la propria struttura originaria, con la quale oggi domina l’incantevole Baia di San Montano.
Lo specchio marino che si apre di fronte a Lacco è dominato dalla caratteristica presenza del Fungo, un masso alto 10 metri, dall’inconfondibile forma, che si vuole precipitato dall’Epomeo e da sempre emblema della cittadina. Per contrastare la potente azione erosiva del vento, del mare e delle precipitazioni atmosferiche, nel 1987 si è dato avvio a un progetto di consolidamento dello scoglio.
Altro simbolo, stavolta religioso, della cittadina, è il complesso di Santa Restituta, formato dalla chiesa e dall’annessa cappella, che si affaccia sulla piazza omonima. L’unica navata della chiesa è scandita da coppie di semicolonne rivestite in legno, con capitelli ionici in stucco. Il soffitto a cassettoni nasconde la volta a capriate. Una ricca balaustra in marmo delimita la zona absidale, sovrastata da una cupola. La cappella dell’abside presenta un unico ambiente con volta a botte divisa da un grosso arco decorato da stucchi geometrici. Non appare azzardato affermare che il monumentale complesso riassume in sé, nelle sue diverse stratificazioni (tempio pagano, basilica palecristiana, oratorio altomedievale, cappella tardomedievale) e nelle successive trasformazioni strutturali, la storia millenaria di Lacco. Nell’ultimo scorcio del Quattrocento esistevano in realtà due cappelle contigue, che furono restaurate e ripavimentate in cotto e maioliche. Risale proprio a questo periodo la statua dorata di Santa Restituta, detta “la torca”, collocata in una nicchia sull’altare maggiore della cappella di destra in sostituzione del vecchio simulacro. Tra Seicento e Settecento i Carmelitani posero in atto sostanziali restauri, che portarono alla costruzione dell’annesso convento e della torre destinata a proteggere la comunità dalle incursioni turche. Sull’area della cappella sinistra, che venne demolita, fu edificata una nuova chiesa in stile barocco, la cui facciata, adorna di stucchi, rimase allineata alla fronte dell’altra cappella. Passata agli Agostiniani e, dopo le leggi eversive degli ordini religiosi del 1865, al Demanio, la chiesa fu duramente colpita dal terremoto del 1883 e ricostruita in soli tre anni, ad eccezione delle due facciate crollate, che poterono dirsi completate solo nel 1910.
Presso la chiesa è visitabile il Museo Archeologico di Santa Restituta, sorto alla metà del XX secolo in coincidenza con l’inizio degli scavi che portarono alla luce interessanti elementi strutturali di età ellenistica, romana e paleocristiana. Nel museo, oltre ad oggetti rinvenuti sul posto, si conservano anche reperti provenienti da altri luoghi: resti neolitici e conchiglie fossili trovate 20 metri al di sopra dell’attuale livello del mare, frammenti dell’Età del Bronzo di provenienza procidiana, ceramiche del Monte Vico e reperti risalenti all’età romana.
Altro museo dal grande valore archeologico è il Museo di Villa Arbusto, aperto nel 1999 e articolato in otto sale. Dentro ci sono tutti i reperti archeologici ritrovati sull’isola, dal neolitico a quelli dell’epoca classica. Questi ultimi, sia quelli del periodo greco che quelli di età romana, provengono quasi tutti dai vicini scavi di Santa Restituta. In assoluto il reperto archeologico più importante è la famosissima Coppa di Nestore, tra i reperti più importanti della storia della Magna Grecia, tanto da presentare il primo esempio di scrittura greca.. Molto bello anche il giardino della villa, stupendo esempio di flora mediterranea ampiamente rappresentata in tutta l’area da ulivi, alberi di alloro, pini, melograni, oleandri e da un arbusto di corbezzolo situato all’ingresso della villa e che pare ne suggerisca anche il nome.
LE SPIAGGE
La Baia di San Montano, con le sue spiagge sabbiose, l’acqua tiepida e lo splendido contesto ambientale, rappresenta uno dei luoghi più belli dell’intera isola. Cinta dalla lussureggiante vegetazione dei due promontori di Zaro e Monte Vico, San Montano ha sicuramente un fascino tropicale che la rende diversa da tutte le altre spiagge dell’isola d’Ischia. Molti hanno paragonato lo scenario dell’intera baia più ad ambienti da villaggio turistico in Kenia esaltandone la sua caratteristica forma a mezzaluna.
Non solo turismo però. Questa bellissima spiaggia è al centro anche della leggenda dello sbarco di Santa Restituta, una dei 49 martiri di Abitina giustiziati nel 304 in Tunisia per non aver rinunciato alla fede cristiana. San Montano è tutto questo e anche di più. È, ad esempio, grazie al suo fondale basso e sabbioso, il lido ideale per famiglie con bimbi piccoli al seguito, per non dire della sua posizione riparata, in alcune ore del giorno addirittura ombrata, che la rendono preferibile agli occhi di chi mal sopporta il caldo torrido dei mesi estivi.
Alle spalle del piccolo porticciolo turistico si trova la spiaggia del Fungo. Di facile accesso in quanto è centrale e si trova facilmente il parcheggio è particolarmente adatta alle famiglie con bambini in quanto è di sabbia e scende gradatamente in profondità. Dato la ristrettezza della spiaggia, il tratto di spiaggia libera e molto piccolo. Nei dintorni ci sono bar e ristoranti per rigenerarsi.
Più selvaggia e incontaminata, tanto che è raggiungibile solo via mare, è la spiaggia delle Monache, un’insenatura naturale di sabbia, sottoposta ai vincoli dell’Area Marina Protetta per la presenza di una bellissima prateria di Posidonia Oceanica seconda, per estensione, solo a quella antistante il Castello aragonese di Ischia. Una caletta dall’elevatissimo valore ambientale che va preservata il più possibile dal diportismo nautico incontrollato. Non a caso, le barche possono ormeggiare esclusivamente a gavitelli predisposti allo scopo, e in ogni caso nel più generale rispetto di quanto previsto dai regolamenti dell’AMP Regno di Nettuno.
LE TERME
Le salutari sorgenti termali di Santa Restituta, della Regina Isabella e quelle, più recenti, di Fundera e Fango continuano invece, ancora ai giorni nostri, a richiamare ospiti numerosi ma, nella maggior parte dei casi, stranieri.
Tra le zone più belle e suggestive e ricche di risorse idrotermali, vi segnaliamo la Baia di San Montano, dove vi è anche il bellissimo Parco Termale Il Negombo.
Le acque di Lacco Ameno sono cloruro-sodiche e, quando usate come fanghi, hanno azione benefica sulla cute, unghie e capelli. Se inalate hanno azione benefica sull’apparato respiratorio. Esse sono indicate principalmente per curare: osteoartrosi, affezioni vascolari, venose e arteriose; disfunzioni delle ghiandole endocrine; astenia sessuale, invecchiamento precoce, sterilità femminile, acne, ecc.. In tutti gli stabilimenti termali ed anche nelle terme degli Hotel, è assicurata la presenza di medici specialisti che effettuano una visita medica prima di cominciare il ciclo di cure.
L’acquisto dell’area, che si estende per circa 90.000 metri, e la successiva creazione del parco si debbono al Duca Luigi Silvestro Camerini. L’uomo, umanista e appassionato di viaggi, nel 1946, di stanza ad Ischia, si innamorò di questo angolo di costa ischitana ritenendo che fosse del tutto simile alla stupenda baia di Ceylon, oggi Sri Lanka.
Il giardino, disegnato dal paesaggista Ermanno Casasco, ospita piante provenienti da Giappone, Brasile, Australia e Sud Africa, oltre a tutta una serie di installazioni artistiche di scultori contemporanei. Tra le opere che ornano la struttura, val la pena ricordare l’Arco in Cielo, meglio “Arc – en – ciel”, di Arnaldo Pomodoro. La scultura, che si trova in prossimità dei dirupi che disegnano la collina alle spalle della baia, è posta trasversalmente rispetto alla linea del sole, di modo che i rilievi scritti che contornano l’arco, liberamente ispirati ai segni grafici delle antiche civiltà mediterranee, rifrangono i raggi solari, attivando un gioco di luci ed ombre grazie al quale l’installazione cambia sfumatura di colore nel corso della giornata.
Il parco è composto di dodici piscine, più una al coperto nell’attrezzatissimo Centro benessere. L’acqua termale sgorga già alla fonte ad una temperatura di 40°C ed è particolarmente indicata nella cura delle affezioni osteo – articolari. Al riguardo, particolarmente indicati sono i doccioni termali che si trovano lungo il percorso, chiamati Templari, e la grotta di tufo, detta dell’Onphalos, munita di un pozzo termale in cui immergersi e di tre getti d’acqua per docce cervicali. Del Negombo, fa parte anche più della metà dell’arenile della baia di San Montano. La spiaggia, attrezzata con lettini, sdraio ed ombrelloni, è indicata per famiglie con bambini grazie ai bassi fondali del suo mare e alla sua posizione di conca, poco esposta alle variazioni giornaliere dei venti.
All’interno del parco ci sono 3 ristoranti e 3 bar pensati sulle diverse esigenze e gusti dei visitatori. La scelta varia dalla possibilità di mangiare del pesce fresco nel ristorante – terrazza sul mare, al self – service degli altri punti ristoro. Lo stesso per i bar, con una diversificazione dell’offerta che va dalla classica e genuina colazione con cornetto o dolce, al cocktail bar del Negombo che dispone di un’ampia scelta di vini e champagne di pregio.
SENTIERISTICA
Una delle escursioni più panoramiche di Lacco Ameno è il sentiero di Montevico.
Quest’area naturalistica offre una vista meravigliosa che abbraccia per intero il lungomare che congiunge Lacco Ameno e Casamicciola. Proprio sotto, invece, la deliziosa Spiaggia delle Monache, i cui fondali ospitano una delle più vaste praterie di Posidonia Oceanica presenti sull’isola d’Ischia.
Ben segnalato è invece il sentiero dell’Allume, che si dipana tra panorami, macchia mediterranea, viticoltura, campi fumarolici e architettura rupestre. Il sentiero numero 502 del Club Alpino Italiano (CAI), è tutto questo e anche di più. Di più, perché la meraviglia e la curiosità sono i sentimenti prevalenti durante l’intero tragitto. La meraviglia davanti agli accesi colori ottombrini, quando Ischia si fa bella per l’autunno. La curiosità nell’apprendere che Via Crateca, l’antica Via “dei Carri”, era la strada che metteva in comunicazione i luoghi di estrazione dell’alunite (Crateca, Bianchetto, Montecito) con la zona di lavorazione della materia prima in località La Pera, nei pressi di Piazza Maio, a Casamicciola Terme.
EVENTI E MANIFESTAZIONI
La festa più sentita dalla cittadinanza è senz’altro quella in onore della sua patrona Santa Restituta. Leggenda vuole che la Santa sia giunta sulle coste di Lacco Ameno dal Nord Africa (secondo alcune fonti da Cartagine, oggi sobborgo di Tunisi, secondo altre da Biserta, città costiera della Tunisia) a bordo di una barca cosparsa di pece e stoppa. Nelle intenzioni dei persecutori la giovane donna doveva essere bruciata in mezzo al mare per non aver rinnegato, nemmeno sotto tortura, la fede in Cristo, ribadita anche in occasione dell’interrogatorio condotto dai commilitoni romani alla presenza del proconsole Anulino, esecutore nel Maghreb della volontà dell’imperatore Diocleziano (244 – 311), artefice della più vasta e sanguinosa persecuzione ufficiale dei cristiani nell’impero. Al contrario delle previsioni però, la barca ad andare a fuoco fu quella occupata dai suoi carnefici, il che consentì alla giovane martire africana di andare alla deriva serenamente, senza l’onta delle fiamme. Fu così che giunse sulle coste dell’isola Aenaria, approdando per la precisione in località San Montano, dove viveva una matrona cristiana di nome Lucina che, avvertita in sogno dello sbarco della Santa, si recò sulla spiaggia, dove effettivamente trovò l’imbarcazione arenata con il corpo esanime, ma intatto, di Restituta. Non solo. Incredibilmente nella baia fiorirono tantissimi gigli bianchi che da quel momento in poi vennero associati alla figura della martire africana, cui la matrona Lucina, insieme alla popolazione accorsa, diede solenne sepoltura alle falde dell’attuale Monte Vico in Lacco Ameno, dove oggi sorge un Santuario dedicato alla Santa.
Questa storia, ancora oggi al centro della rappresentazione che ne viene data sulla spiaggia di San Montano il 16 maggio di ogni anno, affascinò tantissimo il poeta francese Alphonse de Lamartine che, proprio alla martire africana, storicamente considerata uno dei martiri di Abitina (49 cristiani giustiziati nel 304 in Tunisia, per non aver rinunciato alla loro fede, sono venerati come santi dalla Chiesa Cattolica), dedicò una poesia, “Il Giglio di Santa Restituta”, datata 30 agosto 1844.
Anche senza soffermarsi sugli aspetti religiosi collegati alla ricorrenza, resta il fascino di una festa che, di fatto, scandisce il tempo dell’estate sull’isola d’Ischia, arricchita dal trasporto dei fedeli e dalla presenza di tanti turisti che trovano nelle ricorrenze religiose di Ischia ulteriori motivi di bellezza che fanno il paio con le meraviglie paesaggistiche e ambientali della più grande delle isole del Golfo di Napoli.
Un altro evento del maggio ischitano è l’Ipomea del Negombo, una mostra-mercato di piante rare ed inconsuete della fascia temperata calda che da anni si svolge a maggio nel Parco Botanico Idrotermale del Negombo, a Lacco Ameno. Fiori, spezie, alberi da frutto (viti, limoni, aranci, peschi, peri) e decine di varietà di peperoncino, per non dire degli stand enogastronomici, di ceramica e abbigliamento fianco a fianco agli spazi riservati ai viviaisti provenienti da tutta Italia, animano questa fiera che richiama ogni anno tantissimi visitatori.