Campocatino è uno dei luoghi più belli e affascinanti delle Alpi Apuane. Vi si giunge anche in auto, percorrendo una stradina stretta e sterrata che parte dal paese di Vagli di Sopra in Garfagnana. Si accede in una conca verde circondata da faggi, che costituisce un antico residuo di bacino glaciale.
Il prato, ai piedi di un’immensa petraia, è sovrastato dalla splendida parete dolomitica del Rocandagia. Sparse sulle pendici vi sono le capanne in pietra a uno o due piani, un tempo usate per l’alpeggio e la transumanza dei pastori coi loro greggi e oggi recuperate come case di villeggiatura. Assieme a Monte Roggio, Campocatino fu uno dei più importanti alpeggi della Garfagnana: i pastori vi arrivavano dopo molti giorni di cammino e su questi ampi prati terrazzati vi lasciavano pascolare i greggi di pecore.
Dal 1994 a Campocatino è stata istutiuta un’Oasi Lipu per tutelare e divulgare la conoscenza delle specie volatili presenti nel Parco delle Apuane. L’area è stata attrezzata con sentieri natura e pannelli informativi per il riconoscimento delle specie.
Il luogo ha assunto solo recentemente una certa notorietà, da quando è stato scelto come set cinematografico per il famoso film di Leonardo Pieraccioni Il mio West.
Da Campocatino si può percorrere un bellissimo sentiero montano, accessibile a tutti, che in 45 minuti arriva all’Eremo di San Viano (o del Beato Viaviano), a circa 1090 m. s.l.m. Si imbocca il sentiero sulla sinistra della conca risalendo un breve dislivello e si prosegue sulla mulattiera in piano che attraversa un bosco e infine scende a tornanti verso la cappellina. Attraverso una scaletta ripida si accede all’eremo, che è un piccolo ritiro incastonato in un anfratto di un’alta parete rocciosa a strapiombo sulla conca dell’Arnetola. Il luogo, appartato e nascosto alla vista, avvolto nel silenzio e nella penombra, riesce a comunicare un senso di ossequioso rispetto, intriso di suggestione e misticità.
Si rimane davvero incantati di fronte a questo minuscolo luogo di culto, così semplice e spiglio, che sembra scomparire e ritrarsi davanti a tanta imponenza e grandiosità della natura.
Narra la leggenda che San Viano proveniva dall’Emilia e, insieme alla moglie, oltrepassò l’Appennino per sfuggire alle persecuzioni. Giunto all’Alpe di Castiglione venne ospitato nell’Eremo di San Pellegrino e proprio qui nacque in lui un desiderio di solitaria e spirituale meditazione. Dopo vari peregrinaggi nelle Apuane, sempre accompagnato dalla consorte, si fermò alle pendici della Tambura dove, nel villaggetto di Castagnora, trovò lavoro come garzone. Viano era gobbo e deforme e per questo veniva schernito dai passanti, ma lui non se la prendeva, perché era di animo buono e gentile. Viveva in intimo contatto con la natura: nutriva gli uccelli, coltivava piante e se ne stava in compagnia con gli animali. Ma, divenuto inabile al lavoro, si rinchiuse sempre più nella sua solitudine e nacque in lui una spiritualità religiosa che lo portò alla ricerca di un luogo solitario in cui vivere e pregare. Fu qui che trascorse gli ultimi anni della sua vita. Solo molti anni dopo la sua morte fu ritrovato il suo corpo e gli abitanti di Vagli di Sopra cominciarono a venerarlo come santo. Secondo la leggenda, per volere degli abitanti devoti, nacque l’Eremo che porta il suo nome. In realtà non si capisce nulla della sua vera esistenza, tuttavia la tradizione ha tramandato varie storie di miracoli compiuti dal santo. La più famosa è quella del cavolo di San Viano, nato spontaneamente nei pressi dell’eremo per sfamare il santo…
Il sentiero che raggiunge l’eremo, segnalato dal Parco delle Alpi Apuane, è stato attrezzato con aree di sosta e panchine nei punti più panoramici. Sulla destra, prima delle scalette, si può sostare nel punto panoramico, la cui vista è incomparabile; attenzione però, siamo sopra ad uno sperone roccioso a strapiombo su di un’altissima parete verticale. Per accedere all’interno dell’eremo occorre ritirare la chiave presso il Centro visite del Parco delle Apuane, situato all’interno del ristorante Buca dei Gracchi di Campocatino.