“Se si volesse salvare da una catastrofe cosmica un campione di ogni paesaggio tipico del nostro pianeta, per l’ambiente mediterraneo la scelta cadrebbe sul Supramonte” scrisse nel 1982 Fulco Pratesi nel volume TCI su Parchi e riserve naturali in Italia.
Con le sue rocce e la sua vegetazione, la sua fauna e le sue preziose testimonianze di vita dell’uomo, il Supramonte è uno dei luoghi più interessanti e sorprendenti della Sardegna.
Ben visibile da Nuoro, a portata di mano per chi raggiunge Orgosolo, Oliena e Dorgali, richiede a chi arriva da lontano un pizzico di umiltà e una giusta dose di fatica fisica. A chi accetta queste regole, però, offre straordinarie emozioni. Le montagne affacciate su Nuoro e la costa rocciosa che scende verso il Golfo di Orosei offrono al naturalista uno spettacolo di eccezionale interesse.
Su queste montagne, infatti, vivono l’aquila del Bonelli e il muflone, l’avvoltoio monaco e il grifone, il cinghiale e la donnola, il falco pellegrino e la pernice sarda. Lecci secolari vegetano abbarbicati alle rocce, ginepri colossali si affacciano dall’alto sull’azzurro del Tirreno, negli interstizi delle rocce vegetano a primavera colorate peonie selvatiche.
Ma a fare il fascino di queste vette e queste valli sono innanzitutto le bizzarrie della roccia. Modellato nei millenni dall’erosione, il calcare del Supramonte forma meraviglie come il canyon di Su Gorropu – il più grande d’Europa insieme alle Gole di Samarià e al Verdon -, le doline di Tiscali e di Su Sercone, le grotte del Bue Marino, di Su Bentu, di Elighes Artas e di Su Palu.
Ricche di sale, di concrezioni e di laghetti, queste cavità hanno ospitato alcuni dei primi abitanti dell’isola. L’altopiano non ha spaventato le genti della Barbagia, cui ha offerto per millenni un sicuro rifugio. Dalla Grotta Corbeddu, che ha ospitato 25.000 anni fa la più antica comunità nota della Sardegna, l’elenco dei “nidi d’aquila” scelti come luogo di insediamento dai Sardi del passato prosegue con il villaggio nuragico di Tiscali, la Grotta di Ispinigoli, i nuraghe Mereu, Nuragheddu e Gorropu isolati nel cuore di un autentico deserto di pietra.
Centro di un territorio che include la verde valle del Cedrino e la costa sabbiosa di Orosei, cuore del Parco Nazionale del Gennargentu, il Supramonte è stato per secoli il rifugio dei Sardi che non hanno accettato i nuovi poteri arrivati dall’esterno: un rifiuto che ha abbracciato Fenici e Cartaginesi, Romani e Pisani, Spagnoli e Piemontesi.
A imporre il suo nome alla Barbagia, d’altronde, sono stati i geografi dell’antica Roma che consideravano i suoi abitanti barbaros per antonomasia. Tradizionalmente poco frequentata dal turismo, questa fetta di macchia mediterranea e calcare offre a chi la visita alcune delle più belle emozioni possibili nell’intera isola.
Ai piedi del roccioso monte Ortobene, la città di Nuoro non dà a chi la visita per la prima volta l’impressione del capoluogo di una terra selvaggia. Al contrario. Grosso e sonnolento centro agricolo, assurta solo nel 1926 al ruolo di capoluogo di Provincia, la città è stretta da quartieri moderni senza particolari attrattive, e mostra a chi le si avvicina il volto di un’anonima distesa di cemento.
Prima di partire verso le montagne e la costa, invece, una sosta a Nuoro è d’obbligo. Discretamente fresca anche in estate grazie alla posizione ventilata, la vecchia Nùgoro offre un bel colpo d’occhio verso il Supramonte, e alcuni musei da non perdere. Il più ricco ci sembra, è il Civico Museo Speleo-Archeologico, nel quale sono esposte ampie collezioni paleontologiche e archeologiche dedicate alla Barbagia.
Più emozionante, e decisamente meno consueto, è invece il museo della Vita e delle Tradizioni Popolari Sarde, che raccoglie abiti, mobili, oggetti di uso quotidiano, armi e gioielli da ogni parte della Sardegna. Da non perdere, al suo interno, sono le sale dedicate alle tradizionali celebrazioni del carnevale in Barbagia.
Prima di lasciare la città, merita una visita anche la casa natale di Grazia Deledda, dove la più celebre scrittrice della Sardegna nacque nel 1871. Oggi la dimora è trasformata in un museo dedicato alla sua vita e alla sua produzione artistica.
Usciti da Nuoro, si segue la strada che scende con strette svolte alla Valle del Cedrino, e si dirige poi verso le pareti del Supramonte. In 20 km si raggiunge Orgosolo, il paese di pastori che mostra più di ogni altro i problemi e le difficoltà della Barbagia di fronte alla vita di oggi. Segnato da una lunga tradizione di ribellioni e banditismo, il paese offre al visitatore le sue case decorate da grandi murales a carattere politico e sociale, i profondi silenzi della gente e in particolare delle donne.
D’estate, quando la Sardegna si affolla di turisti, Orgosolo è la meta più frequentata da quanti vogliono cercare un veloce contatto con l’interno dell’isola. L’incontro include di solito una passeggiata nel centro e un pranzo a base di porceddu, pane carasau e cannonau della Barbagia in uno dei ristoranti tra il paese e la montagna.
Per completare la scoperta di Orgosolo e delle sue montagne, conviene senz’altro percorrere la suggestiva strada di 18 km che sale alla Caserma Forestale Montes e alla fresca sorgente di Funtana Bona, a mille metri di quota e proprio all’ingresso del Supramonte. Da qui, percorsi su strade sterrate e poi su sentieri non sempre evidenti consentono di raggiungere mete di grande fascino come la panoramica vetta di Monte Novo San Giovanni (1316 metri), la lecceta secolare di Sas Baddes, la voragine di Su Disterru e lo straordinario Nuraghe Mereu, probabilmente il più affascinante dell’isola, affacciato sul deserto roccioso di Gorropu e dei suoi affluenti.
Salutata Orgosolo, si segue la tortuosa e panoramica strada che scende al Riu Sorasi, risale alla Cantoniera Iannas e raggiunge Oliena, il paese dominato dalle più belle pareti rocciose del Supramonte. Se il carattere degli Orgolesi è chiuso, e a tratti francamente scostante nei confronti dei forestieri, la gente di Oliena accoglie i visitatori in maniera ben diversa.
Raccolto ai piedi delle montagne, il centro conserva le sue case bianche raccolte intorno a dei silenziosi cortili. Meritano attenzione la chiesa ducentesca di Santa Maria (che conserva un altare cinquecentesco), la semplice chiesa di Santa Croce, il Collegio dei Gesuiti e la vicina chiesa di Sant’Ignazio di Loyola.
La visita di Oliena è particolarmente interessante il 21 agosto, festa del patrono San Lussorio, e la mattina di Pasqua, quando si svolge la caratteristica processione de S’Incontru. Sui colli intorno al paese, e soprattutto verso est, in direzione del corso del Cedrino, si distendono i vigneti da cui si ricava un pregiato cannonau.
Per molti visitatori, però, Oliena è soprattutto la base migliore per chi vuole inoltrarsi tra le vette le valli del Supramonte. La base più comoda è il rifugio di monte Maccione, che sorge a 644 metri di quota ed è circondato da una fittissima lecceta. A gestirlo, e a organizzare escursioni verso vette e canyon del Supramonte, sono i giovani della Cooperativa Enis, tra le più esperte guide del Parco Nazionale del Gennargentu. Itinerari analoghi sono proposti dalla Cooperativa La Montagna.
Dal rifugio di Monte Maccione inizia una delle strade più interessanti tra quelle che s’inoltrano nel cuore del Supramonte. Tracciata tra querce e lecci secolari, si alza a svolte verso la montagna, e porta in 8 km al limite del bosco, nei pressi di uno stazzo in rovina in vista delle pareti della Punta Carabidda. Siamo a mille metri di quota. Un ultimo strappo da fare di preferenza a piedi consente di raggiungere la Scala ‘e Pradu (1227 metri), il valico oltre il quale si spalanca l’immensità calcarea del Supramonte. Circondata da curiosi torrioni calcarei, ottimo belvedere in tutte le direzioni, la sella è il punto di partenza degli interessanti sentieri che conducono al monte Corrasi (1465 metri), alla punta Sos Nidos (1348 metri) e alle altre vette della zona. Breve e senza problemi è la discesa ai pascoli e ai cuiles di Sos Prados, colorati a primavera da belle fioriture di peonie.
Da Oliena, una scorrevole strada asfaltata prosegue verso est tra campi e vigneti ai piedi delle bianche muraglie rocciose della Punta Sos Nidos, della Pedra Mugrones e della Punta Cusidore, soprannominata “il Cervino della Barbagia” dagli alpinisti che ne frequentano le spettacolari pareti calcaree.
Superata la candica chiesetta di Nostra Signora di Monserrato, una breve deviazione porta alla sorgente di Su Gologone, nella quale tornano alla luce le limpide acque carsiche della montagna. Circondata da un bel bosco di salici, la fonte ha una portata di 300 litri al secondo, e offre una sosta freschissima anche nel cuore dell’estate. Le si affiancano la chiesetta di Santa Maria, e un confortevole albergo che organizza dalla primavera all’autunno escursioni nella selvaggia natura circostante.
Da Su Gologone, un’ampia strada sterrata porta in 7 km all’altopiano di Lanaitto, autentico cuore del Supramonte settentrionale. Oltre a dei capanni di pastori e ad un rustico rifugio, si incontra accanto alla fine della strada l’imponente ingresso della Grotta di Sa Oche (“la voce”), che fornisce da secoli acqua ai pastori. Nei pressi, accanto a un ovile, vi è il santuario nuragico di Sedda ‘e Carros.Un breve sentiero tra i lecci permette di raggiungere anche la Grotta di Su Bentu (“il vento”), che misura 13 km e oltre, e la cui parte iniziale è accessibile al turista privo di esperienza speleologica. Per questa visita occorre rivolgersi alle cooperative di Oliena che abbiamo citato poc’anzi.
Da Lanaitto, un suggestivo sentiero s’inoltra nella macchia mediterranea, e poi sale a mezza costa costeggiando il vallone di Troccu de Corrojos. Più avanti si supera un ripido ghiaione, si attraversa una spaccatura tra le rocce, e si prosegue a mezza costa fino a raggiungere la spettacolare dolina di Tiscali, profonda una cinquantina di metri, al cui interno vi sono i resti di due villaggi tardo-nuragici di straordinaria suggestione, edificati nel terzo secolo avanti Cristo dagli abitanti dei centri di fondovalle che tentavano di sfuggire all’invasione romana. In discesa, invece del sentiero già percorso all’andata, conviene seguire un altro percorso che si abbassa verso la valle del Dolovere di Surtana, e che offre ampie possibilità di incontrare esemplari isolati o piccoli branchi di mufloni.
Tornati a Su Gologone e all’asfalto, si prosegue scendendo alla Valle del Cedrino, scavalcando su un ponte l’omonimo lago artificiale, e risalendo in breve a Dorgali. Tradizionalmente noto in Sardegna per il suo cannonau ed i suoi tappeti, il paese è oggi celebre grazie alla presenza, nel territorio comunale, della spiaggia di Cala Gonone, di Cala Luna e della magnifica Grotta del Bue Marino. Di notevolissimo interesse sono anche la Gola di Su Gorropu, la Grotta di Ispinigoli, e i numerosi insediamenti antichi della zona.
Nel paese, dominato dalla solenne parrocchiale di Santa Caterina, merita una visita il Museo Civico Archeologico, che contiene i reperti della Grotta del Bue Marino, del villaggio nuragico di Serra Orrios, della tomba dei giganti di Sa Ena ‘e Thomes e di numerosi altri insediamenti dei dintorni. Di tutt’altro carattere, ma altrettanto interessante è la visita della Cantina Sociale di Dorgali, dov’è possibile degustare uno dei migliori cannonau della Sardegna.
Da Dorgali, chi vuole avviarsi verso il cuore del Supramonte deve seguire l’Orientale Sarda superando il bivio per Cala Gonnone, e poi piegare vero destra in discesa verso la chiesetta di Nostra Signora di Buon Cammino, oltre la quale si raggiunge il limpido corso del Flumineddu.
Attraversato il fiume su un ponte, un sentiero pianeggiante porta in un’ora e mezzo all’imponente imbocco della Gola di Su Gorropu, il più spettacolare canyon dell’intera Sardegna. E’ possibile addentrarsi per un tratto nella gola, tra enormi massi levigati ai piedi delle pareti verticali di Monte Oddeu. Il percorso integrale della gola (include numerose discese a corda doppia, e alcuni laghetti da attraversare in canotto oppure a nuoto.
Dall’Orientale Sarda, 2 km oltre Dorgali, si stacca la strada che attraversa un tunnel che taglia la montagna poco più in basso della rocciosa mulattiera della Scala homines, e poi scende a larghe svolte in direzione del Tirreno. Oltrepassate le deviazioni per il Nuraghe Mannu e il Nuragheddu, e lasciate a sinistra le placche rocciose della Poltrona, si raggiunge l’abitato di Cala Gonone. Fondato da pescatori provenienti da Ponza, l’abitato è cresciuto negli ultimi vent’anni fino a diventare uno dei centri balneari più apprezzati dell’intera Sardegna.
Dotata di un ampio porto turistico, Cala Gonone offre ottime possibilità agli appassionati della vela e delle immersioni, ed è il centro migliore per chi vuole compiere escursioni in barca sul litorale più spettacolare e selvaggio dell’isola.
Dal porto, i barconi utilizzati per le gite passano in vista della bella Cala Fuili e raggiungono la splendida Grotta del Bue Marino, la cavità costiera lunga oltre 5 km e in buona parte occupata da laghi e laghetti comunicanti con il mare, che ha ospitato per secoli un’importante popolazione di foca monaca, della quale bue marino è il nome popolare. La foca è arrivata sull’orlo dell’estinzione negli anni Ottanta, ma negli ultimi anni le sue segnalazioni si sono nuovamente moltiplicate. Oltrepassata la grotta, si raggiunge la splendida insenatura di Cala Luna, cui si affiancano alcune belle grotte e un insolito laghetto d’acqua dolce. Qui, ai piedi di alte pareti rocciose, sbocca al mare la spettacolare Codula di Luna, una gola rocciosa lunga oltre 20 km che scende dalle montagne del Supramonte.
Oltre che dal mare, Cala Luna può essere raggiunta via terra. Il sentiero più breve scende per un ripido vallone dal cuile Buchi Arta, raggiungibile con una strada sterrata dalla strada Cala Gonone-Dorgali. Il più bello, però, è quello che raggiunge Cala Luna da Cala Fuili, attraversando una serie di selvaggi valloni rocciosi e aggirando all’interno la Grotta del Bue Marino. La camminata richiede da 3 a 4 ore; al ritorno è possibile utilizzare un’imbarcazione.
Lasciata con un po’ di rimpianto Cala Gonone si risale verso la montagna, si riattraversa il tunnel accanto alla Scala homines e si raggiunge nuovamente Dorgali.
Dopo una sosta ristoratrice si riparte verso nord sulla strada per Orosei. Si lascia a sinistra la deviazione per il Dolmen Mottorra, si supera la chiesetta di Babbu Mannu e si raggiunge la Grotta di Ispinigoli, un’altra splendida cavità che deve la sua fama alle sue concrezioni, a una impressionante stalattite alta 38 metri, e all’aver probabilmente ospitato sacrifici umani al tempo dell’occupazione punica delle coste della Sardegna.
Da Ispinigoli, le spiagge sono ormai a portata di mano. Proprio dalla grotta, chi vuol fare il bagno in una zona poco battuta può scendere alla Caletta di Osalla, all’estremità meridionale della lunga spiaggia di Orosei. La statale, invece, scende a larghe svolte tra rocce e campi, passa in vista dei nuraghe Dudurri e Ordignai, e raggiunge infine Orosei.
Dal centro di Orosei, una strada di 3 km accanta all’estuario del Cedrino porta a Marina di Orosei, piacevole località balneare dotata di una lunga e bellissima spiaggia di sabbia bianca quasi completamente priva di costruzioni. Qualche km più a sud c’è l’altrettanto interessante Marina di Osalla, che si raggiunge dal paese per un’altra comoda strada.
Lasciato definitivamente il litorale, si torna in direzione di Nuovo. La statale 129 passa ai piedi del massiccio calcareo del Monte Tuttavista e raggiunge in 9 km Galtellì,storico paese nel quale meritano una visita varie chiese medievali. La più interessante è senz’altro quella di San Pietro, che sorge all’estremità orientale dell’abitato.
Non comodissima, ma di notevole interesse per l’ambiente e i panorami, è la strada che dal paese sale agli 805 metri del Monte Tuttavista. Poco prima della cima, sulla destra della strada, è lo spettacolare arco naturale della Pedra Istampada.
La strada che sale al Tuttavista, indicata da cartelli fin dal centro di Galtellì, sale toccando il cimitero e la chiesa di San Pietro, e prosegue a fondo sterrato verso la montagna. Da un cancello a 4 km dal paese riprende l’asfalto, che si segue lungo i ripidi tornanti che portano ai piedi della Pedra Istimpada e all’ampio piazzale dove la strada termina. Dieci minuti a piedi su un sentiero ben segnato portano al punto più alto della montagna, prima del quale è un passaggio su roccia che può essere evitato senza alcuna difficoltà a sinistra. Camminatori energici possono raggiungere la montagna anche per il ripido sentiero del versante nord, che sale direttamente da Galtellì.
Oltrepassata Galtellì, la statale 128 riporta verso ovest in direzione di Nuovo, sempre in vista delle rocce del Supramonte. Attraversato il ponte sul Cedrino si raggiunge il quadrivio di La Traversa, dove si stacca a sinistra una strada per Dorgali.
Lungo questa, in breve, si raggiunge il villaggio nuragico di Serra Orrios, che conserva circa 200 costruzioni dell’Età del Bronzo, costruite tra il tredicesimo e l’ottavo secolo avanti Cristo, i cui reperti sono nel Museo di Dorgali.
Centro di agricoltori, allevatori e artigiani specializzati nella fabbricazioni di armi, il villaggio è stato improvvisamente abbandonato nel sesto secolo a.C., forse in seguito all’invasione cartaginese. Particolarmente suggestivi sono i due templi a megaron del complesso, e la tomba dei giganti che si raggiunge camminando per qualche minuto verso nord.
Tornati all’asfalto e alla strada statale, si prosegue verso i pendii del monte Ortobene e la salita che riporta a Nuovo.
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