Ha accompagnato la storia dell’uomo tra culture, epoche e luoghi: il simbolo del labirinto, comparso già in epoca preistorica, affascina grandi e bambini. Perché, a qualsiasi età, è sempre forte la voglia di perdersi e ritrovare la strada.
Quello più noto, e passato alla storia sin dall’antichità, è quello sorto intorno alla figura del mitico Dedalo, il leggendario costruttore del labirinto di Creta per il re Minosse, che voleva chiudere in un intrico complicatissimo un essere mostruoso, metà uomo e metà toro, il Minotauro. A sconfiggerlo sarà poi Teseo, che saprà uscire dal labirinto seguendo il filo che Arianna, figlia di Minosse, gli aveva affidato all’ingresso.
A partire dalla nascita di questo mito, l’immagine del labirinto è sempre stata al centro della letteratura, della poetica e di una vasta iconografia, che ne hanno mantenuto inalterato il fascino e l’aura di mistero.
Dopo il significato mistico che lo caratterizzò nel periodo classico e l’interpretazione religiosa, quasi magica che acquistò nel Medioevo, il labirinto dalla metà del Cinquecento divenne un gioco che ben si sposava con l’atmosfera festaiola delle corti, fino a diventare il leit motiv dei giardini sei-settecenteschi.
In tempi moderni, il labirinto ha acquisito una nuova simbologia: quella del perdersi e ritrovare sé stessi attraverso la discesa nel “basso” e, di conseguenza, l’uscita vittoriosa dal quel cortile disarticolato simboleggia la “rinascita” dell’uomo. Il Minotauro altro non è che un ostacolo, una rappresentazione del male da piegare per percorrere una strada nuova, più giusta, più corretta. Arianna poi è “un’immagine materna” che tranquillizza e protegge l’uomo nella sua discesa nell’oscurità e che lo conduce, attraverso il filo, sano e salvo verso l’uscita.
Scopriamo quali sono i labirinti e i giardini segreti più belli d’Italia per un viaggio nella natura e in se stessi.
Insigniti del prestigioso riconoscimento di patrimonio umanitario dell’UNESCO, i Giardini della Petraia a Firenze, fanno parte di un’antica tenuta appartenuta alla famiglia dei Medici. Il giardino sfarzoso è un classico esempio di bellezza tipicamente italiana per concezione e stile, a partire dal disegno geometrico. Un insieme di prati, intrecci labirintici, percorsi ombreggiati e piazzole arricchite da alberi secolari e distribuiti su tre terrazze: il piano inferiore all’italiana, il prato della figurina e infine quello dei castagni. Sul retro della villa si può passeggiare nel parco all’inglese voluto da Leopoldo II di Lorena nell’Ottocento.
Restando nel capoluogo toscano, per toccare uno dei parchi più amati e famosi d’Italia: quello di Boboli, nello straordinario parco della reggia dei Medici. La famiglia fiorentina aveva fatto realizzare ben tre labirinti, il cui utilizzo e concezione era, all’epoca, carico di significati mitici e allegorici, ma nel 1834 furono tutti distrutti in seguito all’apertura di un grande viale carrozzabile. Sebbene ridotto rispetto all’originale, il giardino custodisce ancora oggi una struttura che richiama l’antico labirinto. Questa geometria di siepi e cespugli racchiude la famosa Fontana dei Mostaccini, con gli antichi abbeveratoi per uccelli da richiamo. Imponente, romantico e classico, Boboli merita senz’altro una visita anche se non si è amanti dei labirinti.
Inaugurato in occasione dei 25 anni dalla morte del celebre scrittore argentino Jorge Luis Borges (24 agosto 1899 – 14 giugno 2011), il labirinto Borges segue un progetto dell’architetto inglese Randoll Coate. 3.200 alberi di bosso creano un intricato labirinto con un’unica via di uscita. La strada, ammettendo di non perdersi, è una passeggiata di circa un km. La prima versione del labirinto fu realizzata nel 2003 nella tenuta di ’Los Alamos’, nella provincia di Mendoza, in Argentina. Maria Kodama, vedova di Borges, ha in progetto di fondarne altri due, uno in Islanda ed uno a Buenos Aires. Il labirinto è uno dei temi centrali dell’immaginario borgesiano, in quanto simbolo di uno smarrimento interiore: la sensazione di essersi persi e di essere perduti, tipica del XX secolo e cara allo scrittore, dipende da una percezione mutata dove la realtà appare indecifrabile e le strade si moltiplicano. Ispirato al racconto “Il giardino dei sentieri che si biforcano” (1941), in cui si afferma che labirinto e libro sono la stessa cosa, dall’alto raffigura proprio un libro aperto. Su un corrimano gli ipovedenti (Borges morì cieco) potranno leggere il racconto de «Il Giardino dei sentieri che si biforcano» e, al tempo stesso, orientarsi verso l’uscita. Lungo il percorso, inoltre, sono stati collocati degli oggetti che rappresentano i simboli cari a Borges: un bastone, gli specchi, la clessidra, la sabbia, la tigre ed un enorme punto interrogativo. Per chi si avventura nel labirinto è quindi come perdersi in un libro di Borges.
Oltre ad essere uno dei labirinti più antichi creati in Italia, quello di Villa Pisani è anche uno dei più belli e ricchi di storia. Realizzato dall’architetto padovano Girolamo Frigimelica de’ Roberti per l’intrattenimento sia dei proprietari che dei visitatori, è formato da siepi di bosso disposte in 9 anelli concentrici. La torretta sormontata dalla statua in pietra di Artemide ne indica il centro: guardare verso la torretta e tenerla come riferimento non è di grande aiuto perché spesso ci si arriva vicino ma ciò non vuol dire essere sulla pista giusta. Chi arriva sulla terrazza ammira inoltre il bel panorama e cerca di studiare il percorso inverso per tornare indietro. Una fila di palline da biliardo, disposta sul lato sinistro delle siepi, dovrebbe aiutare ad andare verso il centro del labirinto. Non c’è comunque il rischio di perdersi, poiché ci sono dei custodi che a richiesta possono indicare la via d’uscita. ll labirinto è visitabile (condizioni climatiche permettendo) con un percorso delimitato e durante gli orari di apertura della villa.
Dall’alto somiglia ad una fortezza, una stella pulsante racchiusa da geometrie aggrovigliate al verde fitto di canne di bambù. Sette ettari di terra che a Fontanellato, nella pianura Padana parmense, sono stati trasformati nel labirinto più grande del mondo, aperto al pubblico dal 2015. Il dedalo dei record si snoda in percorsi di tre chilometri realizzati coltivando circa 200.000 piante di bambù di varie specie, che oggi costituiscono la piantagione più vasta d’Europa. L’editore e designer parmigiano Franco Maria Ricci aveva sognato di realizzare l’opera quasi vent’anni fa e ce ne sono voluti sei di dedizione e lavoro per arrivare al Labirinto della Masone. Il labirinto è solo una piccola parte di questo parco, che ospita collezioni d’arte, la biblioteca, l’archivio e, ancora, al centro del dedalo, una piazza da duemila metri quadrati, sale da concerto e da cerimonia, e una cappella a forma di piramide per la celebrazione di matrimoni. Un posto maestoso in cui sarà facile perdersi, ma dove si potrà facilmente scorgere anche la via per ritrovarsi, passeggiando dalla natura ai libri, dall’arte alla cultura.
Immerso nei Colli Euganei, a circa 15 km da Padova in località Galzignano Terme, il Giardino di Valsanzibio è conosciuto dai più per la presenza di un fantastico labirinto e di un sistema di fontane e giochi d’acqua tutti funzionanti. Circa 150.000 metri quadrati di giardino concepito secondo una precisa simbologia: il percorso attraverso il giardino rappresenta il cammino dell’uomo verso la salvezza, la via che porta dall’Errore alla Verità, dall’Ignoranza alla Rivelazione. E in quest’ottica deve essere considerato anche il labirinto di bossi secolari che si estende per circa un chilometro e mezzo ed è racchiuso da ottomila metri quadrati di spalliere. Il labirinto simboleggia la strada verso l’espiazione: attraversandolo si devono superare i 7 vicoli ciechi, tanti come i vizi capitali. Le strade sbagliate che sembrano accorciare la via non fanno altro che allungare il percorso e a costringere a tornare sui propri passi. E’ la strada più lunga quella che porta alla torretta rialzata al centro da cui si potrà vedere tutta la strada percorsa e arrivare a capire il significato della propria esistenza. Il labirinto è veramente grande e ben costruito. Non è semplice trovare l’uscita e le stradine sempre più strette con le siepi alte fanno sentire sperduti.
Il secondo labirinto di siepi per estensione in Italia è a Caravino, in provincia di Torino. Le prime testimonianze scritte sul labirinto di Masino risalgono al 1753. Recentemente questo splendido labirinto che si trova nel parco del Castello di Masino è stato ristrutturato e riportato agli antichi splendori settecenteschi. Il labirinto di Masino è stato infatti ricostruito seguendo scrupolosamente il disegno settecentesco ritrovato negli archivi ed utilizzando oltre duemila piante di carpini tagliate con minuziosa regolarità. Tra queste pareti verdi ci si può perdere davvero: per chi si “arrende”, c’è una torretta su cui arrampicarsi per trovare la via d’uscita. Basta trovare la torretta.
Eletto parco più bello d’Italia nel 2015, il labirinto di villa Garzoni è più incantevole ma meno misterioso degli altri giardini visti finora. Fu qui che lo scrittore Carlo Lorenzini, meglio noto con lo pseudonimo Collodi, trascorse la sua infanzia. Il giardino all’italiana è un capolavoro del Settecento giunto intatto ai nostri giorni, con giochi d’acqua, grandi vasche, boschetti di bambù e teatri di siepi di bosso, grotte artificiali, statue, mascheroni e naturalmente il labirinto, che secondo la credenza popolare porta fortuna ai fidanzati: percorrerlo insieme alla persona amata, narra la leggenda, assicura una relazione duratura e felice.
Accanto a 32 ricostruzioni di animali preistorici, un itinerario botanico e animali selvatici, il Parco della Preistoria offre anche un simpatico labirinto per il divertimento di grandi e piccini. Costituito da fitte siepi di circa 1,80 metri di altezza, per un’estensione di quasi 1000 mq, non è un labirinto storico, ma il divertimento nel perdersi al suo interno è assicurato.
Il castello di San Pelagio, residenza dei Conti Zaborra da quasi quattro secoli, è un luogo fiabesco, in cui sembra che il tempo abbia cessato di scorrere. Qui il silenzio è interrotto soltanto dal canto degli uccelli, dal profumo dei fiori e dalle essenze che popolano i preziosi giardini.
Oltre al parco e ai bellissimi roseti, una delle principali attrattive è rappresentata da ben tre labirinti. Il principale, e il più grande, è il cosiddetto Labirinto del Minotauro, che si estende per circa 1.200 mq ed è composto da più di 1.000 piante di Leylandi alte quasi 3 metri. E’ il classico labirinto all’italiana con sbarramenti e pareti alte fino a due metri di cespugli geometrici, comune a molte ville venete. Qui si rivive il mito vi si rivive il mito di Arianna e Teseo: al centro si trova la terribile bestia mitologica, e chi si avventura nel percorso può anche imbattersi in Arianna, intenta a dondolarsi sopra una altalena.
Appena usciti c’è il labirinto dannunziano, chiamato del “Forse che si forse che no“, dal nome del famoso romanzo di D’Annunzio. E’ un labirinto insolito, univiario, senza vicoli ciechi e costituiti da specchi per richiamare il concetto di “doppio dannunziano”
Poi c’è il terzo, il Labirinto africano, una palizzata con il volo delle cicogne e al centro un pozzo per l’acqua, come la piazza africana. Qui sono esposte una poesia sull’acqua e maschere rituali.
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