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Turismo enogastronomico

I grandi vini toscani

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alessia

La Toscana è un immenso vigneto. Bianchi, rossi, rosati, riserve, dolci: la varietà della produzione è infinita e sempre coniugata all’alta qualità. Volendo fare qualche nome non si può che citare il Chianti, il Nobile di Montepulciano, la Vernaccia di San Gimignano e il Carmignano. Per non parlare del Brunello e del Sassicaia, autentici fuoriclasse. E ci riferiamo solo all’ambito della Denominazione d’origine controllata, senza aprire il grande capitolo dei fini di pregio, dei cosiddetti SuperTuscans. Attorno a questi grandi nomi ruota una regione intera, la sua vitalità, fondata su genuinità, competenza e tradizione.

CHIANTI LEGGENDARIO

Una leggenda fiorentina di origine medievale tramanda come la rivalità tra Firenze e Siena sia stata all’origine del marchio storico del Chianti: il gallo nero. Al di là delle leggendarie o storiche origini, senza dubbio questa etichetta rappresenta l’Italia nel mondo, al pari della pizza o della Ferrari.

Il Chianti “Classico” è una zona delimitata che si estende da San Casciano in Val di Pesa a nord fino ai confini di Siena a sud. Il Chianti che qui nasce, come tutti i Chianti, e a maggior ragione di questi, è Docg. Rispetto al Chianti semplice, le sottodenominazioni sono caratterizzate da una minore percentuale di uve bianche (Trebbiano e Malvasia 2-5% max), ma molti produttori le hanno ormai eliminate del tutto optando, talvolta, per piccole percentuali di Cabernet a uso “migliorativo” della preponderante percentuale di Sangiovese. I centri maggiori per qualità sono nomi famosi: Greve, Panzano, Radda, Gaiole e Castellina. Il Chianti Classico è un vino importante nel mondo perché oltre a possedere un alto standard qualitativi ha in numeri sufficienti per garantire la sua reperibilità sempre e ovunque. Ha un colore rosso rubino pieno, talvolta profondo; profumo avvolgente di viola mammola e giaggiolo; sapore asciutto ma morbido con percezione fruttata e sentori di mandorla e vaniglia. Un altro pregio del Classico, come di tutti i Chianti, è la grande flessibilità negli accostamenti anche se la tradizione lo predilige sulle grigliate miste di carni. Matura, migliorando, 5-6 anni. Si serve a 18°.

Uno dei più grandi produttori del Chianti Classico è Villa Le Corti, la storica tenuta nel Chianti dei Principi Corsini, un luogo dove si fondono i paesaggi delle colline toscane, fatti di vigneti ed oliveti, con la storia millenaria di una delle più importanti famiglie italiane. In questa terra toscana, tra Firenze e Siena, Duccio Corsini e la sua famiglia producono secondo i dettami dell’agricoltura biologica vino Chianti Classico ed olio di grande qualità.

Oltre al Chianti, la provincia di Firenze annovera la produzione delle Docg Chianti dei Colli Fiorentini, Chianti Rufina, Chianti Montalbano e Chianti di Montespertoli e di un prestigioso Vin Santo. E sempre nei pressi di Rufina, nasce il Pomino, prodotto in quantità limitate e vera perla enologica del fiorentino.

NELLE TERRE DEL BRUNELLO

Nei vigneti del Senese si producono ben cinque Docg delle se regionali. Tre piccoli borghi arroccati in collina hanno fatto la fortuna dell’enologia nazionale: Montalcino, Montepulciano e San Gimignano. Il Brunello, così è denominato il Sangiovese a Montalcino, nasce dalla passione di Ferruccio Biondi Santi, che nella seconda metà dell’Ottocento isolò un clone di Sangiovese e ne vinificò le uve in purezza; quindi sottopose il vino ottenuto a un lungo invecchiamento, quattro anni in botti di rovere. Oggi questo vino è uno degli ambasciatori dell’Italia nel mondo, come Barolo e Chianti. Il Brunello rappresenta in tutto la grande tradizione enoica del nostro Paese rifiutando, almeno fino a oggi, modernismi atti a renderlo di gusto più internazionale, come l’invecchiamento in barrique francesi. Deve invecchiare obbligatoriamente 4 anni in votti di rovere o castagno da 30 a 100 ettolitri. Il colore è rosso rubino intenso con orli granati; il profumo è fruttato di amarena, viola, alloro e cacao; al gusto è potente e largo con sentori di spezie, liquiriza, amarene e cenni minerali. Abbinare a grandi preparazioni di selvaggina da pelo, pollame nobile e formaggi stagionati. Stappare la bottiglia molte ore prima o travasare in brocca di cristallo o apposito decanter. Si serve a 22°.

Tra le aziende vitivinicole più importanti degli ultimi anni c’è il Castello Banfi a Montalcino. Dai grandi vini di Montalcino (Brunello, Rosso e Moscadello di Montalcino), passando per altre pregiate denominazioni toscane, dal Chianti, a Bolgheri, al Chianti Classico, ad alcune tra le più rinomate denominazioni piemontesi.

Ma Montalcino non è “solo” Brunello. Nei vigneti che circondano il caratteristico borgo si producono apprezzati vini: il fratello minore del Brunello, il Rosso, il Moscadello e il Sant’Antimo.

L’area tra la Val d’Orcia e la Val di Chiana è il regno del Nobile di Montepulciano. Figlio illustre del Sangiovese, reso immortale dai versi seicenteschi del Redi, è stato uno dei primi vini italiani a potersi fregiare di qualifiche come la Doc e la Docg.

Quasi ai confini con il Pisano, entriamo invece nella zona di produzione della Vernaccia di San Gimignano. Piacque così tanto a papi e regnanti, che persino Dante ebbe a citarla in un passo del Purgatorio, dove è rappresentata come la suprema tentazione per i golosi.

DAL BIANCO VERGINE DELLA VALDICHIANA AL CARMIGNANO

Il vino più prestigioso della provincia di Arezzo nasce nella zona dei Colli Aretini, da cui il Chianti prodotto prende il nome. Spostandosi a nord-ovest, al confine con la provincia di Firenze, troviamo vini di buon livello, quelli raccolti nella Doc dell’Etruria Centrale, che annoverano bianchi e rossi di discreto carattere. In Valdichiana è da segnalare il piacevole Bianco Vergine della Valdichiana, definito tale sia con riferimento alla condizione “pura” del mosto, che viene subito separato dalle bucce durante la vinificazione, sia perché un tempo era consuetudine gustarlo frizzante, quando la fermentazione non era ancora terminata.

Non meno importante è il piccolo territorio della provincia di Prato, ex zona paludosa bonificata dai Romani e oggi grande realtà industriale. Qui, alle pendici dei rilievi del Montalbano, nasce il Carmignano, così grande da meritare il riconoscimento della Docg. E’ il primo esempio in Toscana, di accoppiamento delle uve storiche del Chianti (Sangiovese e Canaiolo) con il francese Cabernet. Carmignano si trova a ovest di Firenze, su una collina che domina la valle dell’Arno e la piana di Pistoia. L’elemento che differenzia maggiormente questo vino da tutti gli altri dell’area chiantigiana (cui appartiene) è il fatto che, fin dal ‘700, nel suo uvaggio è presente una percentuale di cabernet. Accadde allorquando il duca Cosimo III, attento estimatore di vino e dei prodotti della sua terra in genere, mandò gente in Francia a raccogliere barbatelle di differenti vitigni per sperimentarli nei suoi luoghi: fu così che giunse a Carmignano “l’uva Francesca”, il Cabernet. Il vigneto di Carmignano occupa in tutto un centinaio di ettari ma abbastanza pregiati da conferirgli la Dogc. Deve invecchiare un minimo di 18 mesi di cui 12 in botti di rovere o castagno. Ha colore rosso rubino; profumo intenso con percezione di mora selvatica e viola mammola; sapore asciutto, sapido, caldo, con persistenza notevole. In tavola vuole gli abbinamenti comuni a tutti i vini rossi di questa struttura: carni rosse in salse brune, arrosti, formaggi grassi stagionati.

Una delle aziende vitivinicole più antiche del mondo, che ha sede a Carmignano, è Capezzana, che produce vini toscani dall’804. d.C. Per una degustazione con vista, di può fare un salto alla Vinsantaia, un locale con wine bar all’interno della storica Vendita Diretta di Capezzana, oggi riallestita per poter accogliere chi vuole assaggiare i vini, degustare i prodotti tipici e godersi la bella campagna.

Sempre ai piedi del Montalbano nascono le altre due Doc tutte pratesi, quella del Barco Reale di Carmignano e quella del Vin Santo di Carmignano.

I VINI DEL “NORD”

Nella provincia più a nord, quella di Massa Carrara, il vitigno principe è il Vermentino che, con il concorso dei tradizionali Trebbiano Toscano e Malvasia, è alla base della Doc Candia dei Colli Apuani. L’altra Doc provinciale è la Colli di Luni: prodotta prevalentemente in territorio ligure, nella provincia di La Spezia, coinvolge anche tre comuni della Val di Magra in provincia di Massa Carrara.

La provincia di Lucca può invece vantare il primo bianco della regione ad aver avuto fama internazionale: è un vino di antica ascendenza (all’epoca dei Comuni i vini di questa zona erano tra i più costosi della regione) che nasce intorno al paese di Montecarlo: il Montecarlo Bianco. Nel secolo scorso i viticoltori lucchesi, per migliorare il prodotto a base di Trebbiano Toscano, vi impiantarono alcuni vitigni francesi. Questo bianco, ormai celebre e ricercato, si produce nei comuni di Montecarlo, Altopascio, Capannori e Porcari, tutti in provincia di Lucca. Dotato di almeno 11 gradi alcolici, ha colore giallo paglierino chiaro; profumo delicato e ampio; gusto secco con sentori aromatici e di mandorla, buona freschezza. Si stappa al momento della mescita e si serve con antipasti misti o di peste, paste asciutte e risotti con sughi di pesce o di verdure, pesce arrosto, alla griglia o in salsa, fritture di pesce. Si serve a 8°.

Un’azienda di grande affidabilità e dalla lunga esperienza è la Wandanna di Montecarlo, nata nel 1938. I suoi bianchi e rossi soddisfano i palati più esigenti.

La stessa Doc del Montecarlo produce anche un interessante rosso e l’immancabile Vin Santo in diverse varietà. L’altra Doc, quella delle Colline Lucchesi, nacque inizialmente per la produzione di rossi. Negli anni ’80 è stata affiancata dai bianchi, Vermentino e Sauvignon in particolare.

Nella provincia di Pistoia si distingue la Valdinievole, uno dei territori più fertili della regione. Qui,dai vigneti del Trebbiano, nasce uno dei vini più apprezzati di tutto il Pistoiese, il Bianco della Valdinievole, prodotto anche nella versione Vin Santo. Ma neppure Pistoia sfugge al Chianti: infatti, ai piedi dei rilievi del Montalbano e lungo le colline che cingono il capoluogo, se ne produce di veramente ottimo che proprio dal Montalbano prende la denominazione.

IL SASSICAIA E I VINI ETRUSCHI

L’Arno porta con sé un profumo speciale, quello della terra e dei vigneti in cui nasce e prospera il grande Chianti fiorentino. I pisani hanno assaporato questo profumo e da sempre lo ripropongono nelle loro vigne e nel loro Chianti, definito “delle Colline Pisane”.

Ma abbandonando l’Arno e scendendo lungo il litorale fino a lambire i confini con la provincia di Livorno, all’ingresso della Val di Cornia, Pisa concede altri grandi vini, discendenti diretti del modo etrusco di “fare” il vino. La Doc è la Montescudaio, dal nome della cittadina che si frappone all’avamposto livornese del vino, Bolgheri. Una sfida secolare eterna, quella fra Pisa e Livorno, e che da alcuni anni ha trovato un nuovo e impegnativo campo di battaglia, quello di un mercato vinicolo sempre più esigente e attento alla qualità. Nella provincia di Livorno si trova una delle zone d’Italia più favorevoli alla viticoltura, per via della felice posizione tra collina e mare: la Costa Etrusca. Fu proprio in un piccolo centro del Livornese, Bolgheri, che quasi 60 anni fa il marchese Incisa della Rocchetta sperimentò un fondamentale cambiamento destinato a rivoluzionare il panorama vitivinicolo nazionale. Il marchese impiantò pochissime piante di Cabernet Sauvignon e, tramite una decisa potatura, riuscì ad ottenere che i pochi grappoli d’uva prodotti fossero molto dolci ed aromatici. Infine, ottenuto il vino, lo pose ad invecchiare in piccole botti di legno, invece delle consuete grandi botti dell’epoca. Vent’anni più tardi, il nipote del Marchese, Carlo Guerrieri Gonzaga, apportando piccole modifiche all’operato dello zio, ottenne uno dei vini italiani più celebrati nel mondo il Sassicaia.

Per molti aspetti sarebbe corretto affermare che il Sassicaia, prima ancora che un vino, è un monumento nazionale. Capostipite della nuova enologia italiana, pietra miliare del “voltar pagina”. Viene da tre vigneti: il primo e più antico, di un ettaro e mezzo, si chiama Castiglioncello; poi Sassicaia di Sotto, 12 ettari e 20 anni di età; infine Aianova, 8 ettari su terreni pietrosi. Da uve Cabernet Sauvignon (70%) e Cabernet Franc (30%) con rese per ettaro bassissime è invecchiato da 18 a 22 mesi in barrique e lasciato affinare altri 12-16 mesi in bottiglia. E’ uno dei più grandi vini del mondo. Ha grandissime possibilità di invecchiamento. Il colore è rosso granato intenso e brillante; il profumo ampio con note erbacee su mora selvatica e ribes nero, vaniglia e spezie; al gusto è pieno, morbido, di copro elegante, molto persistente. Se di annata, stappare la bottiglia molte ore prima. Vuole sposarsi a selvaggina da pelo, grandi arrosti, formaggi stagionati. Si serve a 20°.

Un’azienda produttrice di Sassicaia, che è quasi monumento nazionale e una delle più famose al mondo, è la Tenuta San Guido a Bolgheri. Con 2.500 ettari a disposizione è stato possibile trovare i 75 ettari più vocati per il Sassicaia. Così eccezionali da meritare una D.O.C tutta loro (D.O.C. Bolgheri Sassicaia) che è l’unica in Italia ad essere inclusa interamente in una proprietà. La segnaliamo con assoluta deferenza, ricordando però che non fa vendita diretta. E ottenere solo una visita in azienda, dato l’alto afflusso di richieste, è una mezza impresa.

L’altra bottiglia prestigiosa della provincia è il tradizionale e dolce Aleatico dell’Elba, che diventa ogni anno più raro, mentre gradualmente aumenta la produzione di bianchi gradevoli e di rossi interessanti, soprattutto nella Val di Cornia. A impreziosire un panorama vinicolo di assoluta eccellenza un altro rosso Doc prestigioso, l’Ornellaia, anch’esso proveniente dalla zona di Bolgheri, recentemente passato in mani americane.

IL MORELLINO DI SCANSANO, FIORE DELLA MAREMMA

Il vino del Grossetano non fa eccezione per qualità. A sud, nel territorio di Scansano, nasce il caldo Morellino, il più tipico dei vini della Maremma. Il vitigno base, il Sangiovese, è detto Morellino dal nome di una razza equina diffusa da queste parti. E’ un rosso dotato di piacevole corposità, fragranza floreale e buon equilibrio. Non è molto conosciuto al di fuori della Toscana, anche se possiede caratteristiche organolettiche per certi versi simili ad altri rossi corregionali più noti e reputati. Ha colore rubino con sfumature granate; l’odore è di buona intensità, con possibili sentori di viola mammola; il sapore è asciutto, rotondo, ben equilibrato. Accompagna tagliatelle al ragù, pappardelle alla scottiglia, pollo alla cacciatora, petto di cappone stufato, anguilla in salsa al vino rosso, bistecca alla fiorentina alla brace. Si può inoltre servire con formaggi a pasta dura stagionati. Se invecchiato almeno due anni, dei quali uno in botte, e se dotato di minimo 12 gradi alcolici, può denominarsi Riserva. Vi sono produttori che impiegano le barrique per affinarlo, accelerandone l’invecchiamento.

Un’azienda giovanissima (nasce nel ’97), ma che ha già avuto diversi importanti riconoscimenti, dedita alla produzione di Morellino, è Poggio Argentiera a Grosseto. Questo è stato possibile grazie ad un attento lavoro sui vitigni autoctoni che hanno portato a vini sempre più espressivi, anno dopo anno, e ad una comunicazione mai sopra le righe, sempre centrata sui quei valori unici che un territorio meraviglioso come la Maremma sa offrire.

Sempre in questa zona trova terreno ideale il Bianco di Pitigliano, che nasce da un suolo di origine vulcanica. A ridosso della costa meridionale, il territorio della piccola cittadina di Parrina produce bianchi, rossi e rosati di piacevole beva, mentre l’insolito bianco Ansonica, di evidente ascendenze siciliane e ideale accompagnamento delle sapide zuppe di pesce locali, è prodotto prevalentemente nell’Argentario e nei vigneti a terrazze sull’isola del Giglio. Il territorio settentrionale della provincia si estende nella zona delle Colline Metallifere. Qui i vini prodotti sono compresi nella Doc Monteregio e Montecucco.

alessia

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