Meritano un viaggio goloso i sapori unici delle specialità di questo territorio, ricco di storia e di natura.
Lasciata Spoleto in direzione di Monteluco, si prosegue per la via Flaminia siano a Vallo di Nera, esempio di integrazione di attività umane sviluppatesi attorno al fiume. Il Castello di Vallo è uno dei più significativi insediamenti fortificati tardomedievali che caratterizzano gran parte della Valnerina: restaurata dopo il terremoto del 1979, la cittadella è tuttora abitata. L’impianto urbanistico è a pianta ellittica, circondato da una cinta muraria.
Ai margini del castello il convento francescano eretto alla fine del XIII secolo ha portato alla creazione di un borgo esterno alla fortificazione. Visitando il complesso è possibile ricostruire le attività che ne caratterizzavano la vita e la stessa struttura architettonica: il mulino, il grande lavatoio in pietra alimentato da una roggia, la chiesa votiva di San Rocco, il piazzale con il fontanile in pietra, l’oratorio e le botteghe fuori dalle mura. Domina dall’alto la parrocchiale di San Giovanni Battista edificata tra il XIII e XIV secolo, con abside affrescata da Jacopo Siculo.
Immersa nel verde, la Locanda di Cacio Re merita la visita per la bellezza del luogo e per una cucina notevole: da assaggiare la trota affumicata e lo storione, il risotto al Sagrantino, gli strangozzi al tartufo nero e gli squisiti formaggi.
Si raggiunge Ponte, già gastaldato longobardo, che fu nell’alto medioevo il centro più importante dell’intera Valnerina: ne sono testimonianza il castello con il Palazzo del Comune e la romanica Pieve di Santa Maria. Da visitare il borgo, che si sviluppa a spirale attorno a uno sperone di roccia.
Si prosegue per Borgo Cerreto, da cui si sale al castello di Cerreto diSpoleto: sulla piazza centrale la Chiesa di Santa Maria Annunziata e ai margini del borgo l’ex monastero benedettino di San Giacomo, oggi sede del Centro Regionale di Ricerche Etnografiche. Dalla valle principale si segue la statale 209 dove un tunnel porta velocemente a Triponzo: il borgo, che prende nome dai tre ponti (sul Nera, sul Corno e sulla loro confluenza), mantiene un’intatta cinta muraria con torri e una sorta di castello eretto sulla roccia che domina l’abitato.
Il paesaggio cambia repentinamente imboccando la Valle Castoriana, ricca di antichi insediamenti: dalle aspre pareti di roccia e di bosco, frammentate dal susseguirsi dei terremoti, si passa a un profilo collinare più ampio e ondulato, caratterizzato da vaste estensioni coltivate.
Si giunge a Preci, il centro principale: nel borgo da vedere i notevoli palazzi cinquecenteschi e la Chiesa di Santa Maria con bel portale del XIV secolo. La cittadina deve gran parte della propria importanza in epoca medievale e rinascimentale alla presenza della vicina Abbazia di Sant’Eutizio: fondato dal monaco siriano Eutizio nel V sec., il complesso religioso divenne un importante centro culturale, con farmacia, scuola miniaturistica e ricca biblioteca, ma anche capitale politica ed economica di un vasto territorio fino al 1200, quando iniziò un veloce declino, culminato con la cessione del feudo al comune di Norcia.
In questo scenario di grande suggestione, alle porte del borgo, una piccola baita in legno ospita Il Castoro, dove vanno in tavola soprattutto specialità al tartufo: crostini tartufati, norcinerie, prosciutto di cinghiale, strangozzi alla preciana (ragù e tartufo), tagliata di chianina con porcini, cinghiale alla cacciatora, scamorza con porcini e tartufo, il tutto con genuino vino della casa.
Inoltrandosi nella valle del Campiano, ampio altopiano colonizzato già in epoca romana, a quasi 1.000 metri di quota si incontra il Castello di Campi Vecchio, il cui impianto urbanistico si sviluppa su tre livelli. All’ingresso si visita la trecentesca Chiesa di Sant’Andrea, nella schiera centrale la Chiesa della Madonna di Piazza, con interno a tre navate.
Una breve deviazione porta ai 1.800 metri della Forca d’Ancarano da cui si ha una vista spettacolare sull’ampia valle di Norcia con la catena dei Monti Sibillini.
Si giunge a Norcia, città d’impianto romano, conquistata successivamente dai Longobardi e dai Goti. La cinta muraria quasi completa, dotata di otto porte, nasconde allo sguardo gli edifici cittadini che, per timore dei frequenti terremoti non furono mai sviluppati in altezza.
La via migliore per visitare Norcia è da Porta Romana, attraversando l’abitato lungo corso Sertorio, fino alla centrale piazza San Benedetto su cui si affacciano il Palazzo Comunale, il portico della Loggia dei Mercanti, la Basilica di San Benedetto, il Duomo e la Castellina, rocca a pianta quadrata con bastioni angolari.
Molte le attrattive golose in città, improntate ai prodotti del territorio e alla tradizione che vuole Norcia luogo d’origine della fabbricazione artigianale di salumi: protagonista assoluto il prosciutto artigianale, tutelato da Igp e dal Consorzio Tutela Prosciutto di Norcia. Lo si acquista da L’artigiano dei Salumi, accanto al meglio della norcineria tradizionale. Da gustare anche i formaggi, tra cui la tipica caciotta al tartufo da latte di pecora e vacca, o la ricotta salata tradizionale, in vendita da Azienda Agricola il Quadrifoglio. Da Diosi Tartufi si acquistano tartufi freschi e lavorati (salse, oli, salumi aromatizzati), mentre la Pasticceria Dolcezze è la specialista assoluta in dolci tipici.
Chi preferisce apprezzare le specialità nursine comodamente seduto a tavola potrà prenotare a Palazzo Seneca, per un’esperienza a cinque stelle o all‘Osteria del Gobbo, nella centrale piazza San Benedetto. Altro indirizzo sicuro è la Trattoria dei Priori, dove si possono gustare ricette che si tramandano da generazioni.
L’Hotel Grotta Azzurra, a pochi passi dalla piazza centrale, offre ospitalità con stile.
Solo 30 km separano Norcia da Castelluccio, cui si sale per la provinciale 477 attraverso lo spettacolare paesaggio del Parco Nazionale Monti Sibillini, che si estende per circa 70.000 ettari nella zona di confine tra Marche e Umbria. Un paesaggio montano dalla morfologia unica, con biotipi delle aree alpine e glaciali.
Al centro del parco, superata la Forca Santa Croce, si apre il Piano Grande, vasto bacino carsico da cui si ha una vista spettacolare su Norcia. Pascoli e foreste si alternano in una ricchezza ambientale che si traduce anche in varietà di fauna: sono stanziali specie rare come il lupo, l’aquila reale e il gatto selvatico. I percorsi di visita e le possibilità di escursione sono numerosi: a piedi, in mountain bike e a cavallo, ma l’attrazione più ghiotta è rappresentata dal Grande Anello dei Sibillini, 120 km da percorrere in 9 giorni.
I piani di Castelluccio, formati da quattro conche che si estendono per 18 km, sono considerati il più grande bacino carsico d’Italia. L’area è stupenda al momento della fioritura primaverile ma molto suggestiva anche d’inverno, per escursioni con sci di fondo e passeggiate con le racchette da neve.
Il borgo di Castelluccio sorge a 1452 metri di quota su un poggio ai margini dell’altopiano ed è celebre nel mondo per la qualità delle sue piccole lenticchie, così morbide da poter essere cotte senza venire messe a bagno. I piccoli legumi, oggi finalmente tutelati da Igp, si acquistano a Norcia da Cooperativa della Lenticchia IGP di Castelluccio di Norcia, oppure presso l‘Azienda Agricola Oreste Cappelli.
Si cena alla Taverna Castelluccio per assaggiare i salumi locali, le tipiche frattaglie d’agnello, i tortelli di ricotta, e le ottime zuppe di lenticchie e di farro. Ampia la scelta di carne e di formaggi della zona, aromatizzati alle erbe e al tartufo, e per finire i dolci della tradizione contadina.
Per la notte si più far sosta sopra Castelluccio alla Locanda de’ Senari, gradevole relais rustico nel cuore del Parco dei Sibillini. In alternativa, lungo la via del fieno, a 3 km da Norcia, Il Casale degli Amici offre tranquille e confortevoli camere.
Ridiscesi verso la piana di Norcia, subito si risale la montagna in direzione di Agriano e Avendita per giungere, attraverso scenari ricchi di fascino, alla base del colle di Cascia, sede del Santuario di Santa Rita, celebre meta di pellegrinaggio. Dell’antico borgo arrampicato sulla montagna resta solo l’immagine d’insieme, poiché l’urbanistica è stata asservita alle esigenze del business del pellegrinaggio: ampi parcheggi, comode salite, servizi e facilitazioni per disabili, punteggiano la via che sale al santuario.
Edificio moderno, consacrato nel 1947, costruito sul luogo dell’antica chiesa agostiniana, il santuario è una miscellanea di stili: freddo l’esterno in travertino, quasi naif gli interni dorati su cui spiccano tinte vivide, splendido l’altare ideato da Giacomo Manzù. Una teca conserva i resti della santa, mentre nel convento adiacente sono visibili la cella, la corona del rosario e la fede nuziale. Ogni anno il 21-22 maggio si tengono le celebrazioni Ritiane, che uniscono eventi religiosi e tradizionali come il corte storico nella vicina Roccaporena, che si raggiunge con una deviazione attraverso la suggestiva valle del Corno.
Qui invita a una sosta il ristorante La Porrina, per assaggiare i piatti migliori della zona arricchiti da abbondanti tartufi e funghi.
Merita un’altra piccola deviazione la località Civita di Cascia, dove Adelino De Carolis e Gertrude Moretti producono e vendono lo squisito zafferano di Cascia, ormai rarissimo: la preziosa spezia entra anche nel formaggio Fiore Molle che si acquista alla Fattoria di Opagna.
Si torna sulla statale per raggiungere Monteleone di Spoleto, un tempo cittadella strategica per la posizione tra Stato Pontificio e Regno di Napoli e oggi rinomata per la pregiata qualità di farro che vi si coltiva. Il borgo è dominato dalla Torre dell’Orologio, che è anche ingresso del castello medievale. Da visitare la chiesa di San Francesco che presenta un bellissimo portale ogivale scolpito in rilievo e il chiostro che ospita reperti provenienti dai vicini scavi archeologici.
Poco distante, in località Ruscio, l’Azienda Agricola Cicchetti produce farro, orzo, lenticchie e cicerchie da coltivazione biologica.
Da Monteleone lungo il crinale si entra nel Parco Regionale Coscerno-Aspra. Attraverso paesaggi incontaminati, in breve si raggiunge Caso da cui si discende nuovamente nella valle del Nera. Risalendo il corso del fiume e passando accanto al castello tardomedievale di Gavelli, si raggiunge Santa Anatolia di Narco, borgo di origine etrusca sviluppatosi nel medioevo, con castello e cinto da mura, nella cui parrocchiale è visibile un bel ciclo di affreschi trecenteschi.
Il borgo è celebre per essere sede della storica azienda Urbani Tartufi. Nel giro di tre generazioni, una ditta famigliare di appassionati commercianti si è trasformata in vera multinazionale del tubero, che vende tartufi (bianchi e neri, freschi, surgelati e lavorati, in pasta o in salsa) in tutto il mondo, anche on line. Oggi il gruppo vanta consociate italiane ed estere e un negozio-boutique nel centro di Milano, anche se la sede aziendale di Santa Anatolia di Narco resta il punto di riferimento decisivo per centinaia di raccoglitori umbri che sono divenuti parte integrante di un’economica globale sviluppatasi intorno al tartufo. Merito di Urbani è aver dato loro non solo un contatto economico, ma anche una riconosciuta dignità professionale e un marchio che tutela la qualità del prodotto.
Sempre a Santa Anatolia di Narco si trova l’azienda Le Vaie, piccolissimo ristoro all’interno di una tenuta agricola di 30 ettari con allevamento ovino e bovino e produzione vinicola: cucina tipica, abbondante tartufo nero su tutti i piatti, e vendita diretta di formaggi, miele, vino e tartufi.
Proseguendo lungo la statale della Valnerina si arriva in vista di Scheggino, suggestivo borgo medievale dominato da un castello a base triangolare: la rocca passò alla storia per la strenua resistenza con cui si oppose all’assedio degli Spoletini nel 1522. Scheggino è celebre per il raccolto di tartufi e per la pesca di trote e gamberi di fiume: per gustarli entrambi, assieme a ottime pasta fatte in casa, si cena alla Trattoria del Ponte, affacciata sulle acque del Nera.
Ripresa la via, sempre seguendo il fiume, ci si spinge fino all’Abbazia di San Pietro in Valle, magnifico complesso conventuale con al centro la chiesa, che accoglie un bellissimo ciclo di affreschi con scene della Bibbia e del Vangelo. Nei dintorni, si possono gustare i piatti tipici della tradizione alla Locanda Mola del Sacramento.
Ripresa la statale, ci si addentra nel Parco Fluviale del Nera che abbraccia una superficie di 2120 ettari attorno al corso medio-inferiore del fiume, fino alla Cascata delle Marmore. Un territorio pieno di attrattive naturali, come la ricchezza di fauna ittica (salmonoidi e gamberi) e quella di mammiferi e uccelli nella rigogliosa fascia boschiva che dalle rive risale ai crinali. Molte le possibilità di praticare sport, sia d’acqua che di terra. Questa zona è nota per essere il regno del rafting, ma non basta: le ripide pareti di roccia sono una palestra ideale per il free climbing.
Fa parte del territorio del parco il borgo fortificato di Ferentillo, costituito da due rocche (Mattarella e Precetto) strategicamente poste a guardia del fiume Nera che confluisce nel Velino. Qui si pranza da Piermarini, in un piacevole contesto dove si cucinano specialità a base di funghi e tartufi, ma anche le trote del Nera e dolci rustici tipici.
Risalendo per la statale 209 la valle di Papigno si arriva in prossimità della Cascata delle Marmore. Per raggiungerla si può percorrere il suggestivo sentiero a piedi (40 minuti circa) che sale dalla strada inferiore a quella superiore, toccando spettacolari punti panoramici. La cascata è artificiale, anche se antica: per evitare il dilagare stagionale delle acque del Velino nelle piane a valle, il console Curio Dentato nel 290 a.C. fece scavare un canale che le convogliasse presso la Rupe di Marmore, facendole precipitare nell’alveo del Nera. Lo sbalzo d’acqua è di 165 metri, il più alto d’Europa.
A due passi dal belvedere sulla cascata, il ristorante Bosco del Velino propone piatti a base di pesce di lago e di fiume. In direzione Piediluco, nello splendido borgo storico di Miranda, merita una sosta per la buona cucina e la bellezza dei luoghi il ristorante Boschetto.
Curiosa e da non perdere la visita a Papigno, storico insediamento industriale a 4 km da Terni, i cui grandi edifici sono stati trasformati in ambienti e studi cinematografici (primo a impiegarli per un ciak fu Roberto Benigni con La vita è bella) creando una nuova Cinecittà.
Niente finzione cinematografica, ma solo verace cucina del territorio ai tavoli di Villa Graziani, ultima riposante sosta nel verde prima di entrare in città.
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